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Se è vero che «oramai siamo di fronte a un fenomeno di criminalità organizzata transnazionale» come ha dichiarato in un’intervista esclusiva a NanoPress.it il Procuratore Nazionale Antimafia, Franco Roberti, e ha confermato in un’altra intervista il Responsabile del Servizio Cooperazione internazionale della Direzione Nazionale Antimafia, Filippo Spiezia, è anche vero che le mafie non hanno abbandonato l’Italia e soprattutto che stanno continuando a infiltrarsi nel tessuto sociale anche di quelle regioni un tempo immuni da questa realtà criminale.
È, infatti, oramai noto che la presenza della ‘ndrangheta in Lombardia non sia più soltanto un’infiltrazione quanto una pervasività, come ha ben spiegato in un’intervista Lucrezia Ricchiuti della Commissione Parlamentare Antimafia, ma meno conosciuta è la situazione del Piemonte. «Se l’Expo si fosse svolto a Torino – rivela però Roberto Sparagna, Sostituto Procuratore della Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, nella nostra videointervista – probabilmente la situazione sarebbe stata la stessa di Milano, perché non vi sono significative differenze fra l’infiltrazione della ‘ndrangheta in Lombardia e in Piemonte».
«L’indagine Minotauro (la principale inchiesta sull’infiltrazione mafiosa in Piemonte, NdR) – spiega il Dottor Sparagna – e l’indagine Infinito (quella sull’infiltrazione in Lombardia, NdR), unitamente all’indagine Crimine di Reggio Calabria, attestano infatti la matrice unitaria della ‘ndrangheta». Anche se «negli ultimi anni la Procura di Torino ha portato alla luce come esponenti della criminalità organizzata calabrese abbiano istituito delle strutture di ‘ndrangheta in Piemonte, il cosiddetto Locale, ovvero una filiale della ‘ndrangheta che ha una componente personale e una territoriale».
Se, però, oramai è assodato che i politici e gli imprenditori che in Lombardia sono entrati in affari con gli ‘ndranghetisti «avessero perfetta conoscenza della natura non solo illegale, ma anche mafiosa» delle persone con cui hanno stretto accordi, come ha spiegato il Giudice per la Indagini Preliminari di Milano Simone Luerti, in Piemonte la situazione sembra essere differente. «La ‘ndrangheta nelle regioni del Nord-Italia e anche del Nord-Europa – continua il Sostituto Procuratore della DDA di Torino – approfitta delle situazioni di scarsa sensibilità e di scarsa comprensione dei fenomeni criminali e ha un approccio prevalentemente economico: investe capitali sporchi, vende droga, si inserisce negli appalti, nella gestione dei cantieri e degli esercizi commerciali. Di fatto ricicla e investe il denaro e quindi si sviluppa nei territori che hanno una sensibilità minore rispetto ad altri e sono meno pronti all’aggressione portata da questo fenomeno».
Di sicuro l’infiltrazione della criminalità organizzata in Piemonte è stata favorita dalla difficile situazione economica che sta attraversando l’intero Paese: «la ‘ndrangheta è un’organizzazione segreta e mimetica e quindi beneficia di queste due caratteristiche per profittare di situazioni che scontano la crisi economica e quindi soprattutto del fatto che le banche non rilascino crediti. Avendo disponibilità economiche rilavanti, può concedere prestiti senza garanzie particolari ma ciò non vuol dire che poi non pretenda il pagamento, anzi lo pretende con metodi di solito più incisivi rispetto a quelli delle banche».
«Per scardinare la segretezza che caratterizza la ‘ndrangheta – conclude Roberto Sparagna – abbiamo bisogno di qualcuno che dall’interno ci dica come funziona, chi ne fa parte, quali sono gli interessi e i reati che compie, per questo i collaboratori di giustizia sono la prima possibilità di aggressione del fenomeno, insieme alle intercettazioni ambientali».
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