Alessia Pifferi è accusata di omicidio volontario aggravato, per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi, la piccola Diana.
Il presidente della Corte d’Assise di Milano ha negato la richiesta di perizia psichiatrica avanzata dai legali della donna, perché – secondo i giudici – “dall’unico atto medico prodotto dalla difesa non emerge alcun elemento che possa far dubitare della piena capacità” dell’imputata.
La Corte d’Assise di Milano ha rigettato la richiesta di perizia psichiatrica sulla capacità di stare in giudizio di Alessia Pifferi. Sulla donna pende un’accusa di omicidio volontario aggravato, per aver lasciato morire di stenti la piccola Diana, la figlia di 18 mesi rimasta da sola – per sei giorni – senza cibo né acqua, nell’appartamento in cui viveva con la madre a Milano, mentre quest’ultima era a Leffe con il nuovo compagno.
Secondo i giudici della Corte d’Assise di Milano, la donna può affrontare il processo che – visti i fatti – l’attende. “Dall’unico atto medico prodotto dalla difesa non emerge alcun elemento che possa far dubitare della piena capacità” della donna.
Quello a cui fa riferimento il giudice è la relazione, redatta nel novembre dello scorso anno, da una psichiatra del carcere di San Vittore, in cui si legge che “l’unico elemento è un ipotetico e possibile deficit cognitivo che – neanche se fosse accertato – potrebbe costituire elemento atto a escludere la capacità di stare nel processo”. Ad avanzare la richiesta era stata la legale della donna, ma anche i pm avevano chiesto che la perizia venisse rigettata, ritenendo che – al momento dei tragici fatti – la donna fosse pienamente “lucida e consapevole”.
La legale di Alessia Pifferi ha già annunciato che chiederà una nuova perizia psichiatrica. La prossima udienza si terrà il 19 maggio.
La Corte di Assise di Milano ha inoltre accettato la richiesta della madre e della sorella di Alessia Pifferi di costituirsi parte civile nel processo a carico della 37enne, mentre la stessa richiesta è stata negata all’associazione Osservatorio Nazionale Sostegno Vittime. Nel caso della morte della bambina non c’è alcun “danno derivato all’associazione, nemmeno in ipotesi” né “interesse diffuso” da difendere, ha sentenziato la Corte.
“Non ha mai chiesto scusa, nemmeno nelle lettere che ha inviato a me e a mia madre, e non le risponderò mai fino a che non chiederà almeno scusa, io sono contro mia sorella ed è la parte giusta, perché quella che è morta è mia nipote”
ha detto questa mattina ai cronisti Viviana Pifferi, sorella della donna.
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