Nei sondaggi, Meloni recupera parecchio terreno e ne perde Schlein

Il decreto Lavoro, licenziato il giorno della festa dei lavoratori, giova non poco nei sondaggi alla presidentessa del Consiglio, Giorgia Meloni, e al suo partito, Fratelli d’Italia. Dopo un periodo non troppo positivo, questa settimana per le rilevazioni di Swg per il tg di La7, la leader del centrodestra recupera quasi un punto percentuale, staccando in maniera netta il Partito democratico di Elly Schlein, che invece cede più di qualcosa, anche considerando il risultato del MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte.

Meloni Schlein
Giorgia Meloni, presidentessa del Consiglio e leader di Fratelli d’Italia, ed Elly Schlein, segretaria del Partito democratico – Nanopress.it

Dopo la lite, e la divisione, tra Carlo Calenda e Matteo Renzi, e nonostante Azione sia messa meglio rispetto a Italia Viva, l’ex premier fiorentino cresce molto di più dell’ex alleato ed è quasi vicino alla soglia di sbarramento che gli consentirebbe di rientrare in Parlamento. Bene, ancora una volta, l’affluenza, con la quota degli indecisi, per i sondaggi, che si abbassa ulteriormente di due punti percentuali.

Meloni e Fratelli d’Italia sono quelli che crescono di più nei sondaggi, Schlein e Partito democratico quelli che perdono di più

Alla giornata in cui inizieranno le trattative con le opposizioni sulle riforme istituzionali, che potrebbero portare la nostra Repubblica a cambiare forma di governo, Giorgia Meloni, la prima presidente del Consiglio donna, e quindi leader della maggioranza, è arrivata, secondo i sondaggi, con un vantaggio non da poco. Dopo un periodo fatto di molti bassi e pochissimi alti, il suo partito, Fratelli d’Italia, infatti, è tornato a crescere rispetto agli avversari. A dare una mano alla premier, probabilmente, è stato il decreto Lavoro licenziato il primo maggio, ma anche la decisione di ritornare a cercare consensi sui social con video che mirano a far capire alle persone che cosa si è fatto, e che cosa si farà in futuro.

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Giorgia Meloni prima del Consiglio dei ministri del primo maggio che ha licenziato il decreto Lavoro – Nanopress.it

Venendo al concreto, però, secondo le rilevazioni di Swg per il tg di La7, il primo schieramento in Italia, rispetto a una settimana fa, ha guadagnato sugli altri lo 0,7% dei potenziali voti, tornando vicino a quel 30% che un anno fa sarebbe stato utopia, ma che era anche diventato una certezza prima che il Partito democratico cambiasse veste e segretario. Ecco, con il 29,5% dei consensi, dal giorno della festa dei lavoratori, Meloni ha aumentato in gap con Elly Schlein – con cui oggi avrà il primo vero faccia a faccia nella sala del presidente a Palazzo Montecitorio -, che, invece, è la compagine che in una settimana ha perso più consensi (lo 0,4% in meno), portandosi al 21,1%.

Se le cose, poi, per i dem non sono andate bene nella sfida con Fratelli d’Italia, non sono andate meglio neanche con quelli che un tempo erano gli alleati di governo, ovvero il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte – anche l’ex premier andrà a parlare con l’attuale capa del governo per esporre le posizioni del suo gruppo in merito al premierato o semipresidenzialismo che sia. I pentastellati, dal primo maggio che ha sancito anche la fine della loro misura di bandiera, il reddito di cittadinanza, hanno accorciato sui dem salendo dello 0,3% e portandosi al 15,6% dei probabili consensi.

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Matteo Salvini, segretario federale della Lega, vicepremier e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, e Giuseppe Conte, presidente del MoVimento 5 stelle – Nanopress.it

Quanto alle altre forze che compongono la maggioranza, né alla Lega, né tantomeno a Forza Italia è andata bene quanto alla presidentessa del Consiglio. Il partito di Matteo Salvini, che è anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e vicepremier, è rimasto tale e quale a come ora, ovvero al 9%, quello di Silvio Berlusconi, ancora ricoverato, invece, ha perso lo 0,2% ed è ora fotografato dai sondaggi al 6,6%.

Gli stessi decimi percentuali persi per strada dagli azzurri hanno contribuito a un’ulteriore discesa di Azione di Carlo Calenda. Mentre il suo ex alleato, Matteo Renzi, leader di Italia Viva e ora anche direttore editoriale del Riformista, ha guadagnato lo 0,3%, ma è ancora lontano dalla soglia di sbarramento – è al 2,8% -, l’ex candidato sindaco di Roma è arrivato al 4,1%, e ha dimostrato che, forse, la fine del progetto del partito unitario del terzo polo ha fatto male a tutti e due, ma forse a lui un po’ di più.

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Matteo Renzi, presidente di Italia Viva, e Carlo Calenda, leader di Azione – Nanopress.it

Quanto agli altri, specie quelli che oscillano sopra e sotto il 3%, l’alleanza Verdi e Sinistra di Angelo Bonelli, Eleonora Evi e Nicola Fratoianni, ha conquistato dal primo maggio lo 0,1%, arrivando al 3,3% dei potenziali voti. Bene, però, è andata anche a +Europa di Riccardo Magi, che è salita di un decimo, è al 2,4% e ha staccato nettamente sia Per l’Italia con Paragone, sia Unione popolare.

Il partito dell’ex senatore pentastellato, infatti, in una settimana ha perso lo 0,3% arrivando all’1,8%, quello, invece, dell’ex sindaco di Napoli Luigi De Magistris è calato dello 0,2% ed è fotografato all’1,6%. Tutti gli altri (piccoli) schieramenti, tra cui c’è anche Noi Moderati di Maurizio Lupi, quarta forza della maggioranza, hanno perso poi la stessa percentuale di Unione popolare, e sono dati insieme al 2,2%.

Sale ancora l’affluenza: secondo Swg, gli indecisi sono il 34%

Un dato che dovrebbe rincuorare tutti è quello che riguarda l’affluenza. Il trend in discesa degli astenuti, infatti, è proseguito anche nell’ultimo sondaggio di Swg per il tg di Enrico Mentana, arrivando a toccare solo, si fa per dire, il 34% degli aventi diritto al voto che hanno risposto alla rilevazione.

A qualche giorno dalle amministrative, e dopo il risultato deludente sia delle politiche del 25 settembre, sia specialmente delle regionali in Lombardia e nel Lazio, sapere che più italiani hanno idea di chi dare la propria preferenza è sicuramente una notizia positiva, anche se i numeri sono ancora ben lontani da una partecipazione convinta degli elettori alla cosa pubblica. C’è tempo, però, per sistemare le cose, altrimenti anche l’idea dell’elezione diretta del presidente della Repubblica potrebbe essere un boomerang per Meloni e per i suoi.

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