Shaihda Raza è morta a soli 27 anni; era partita dalla città pakistana Quetta, dove la giovane donna giocava a calcio con una squadra che ha fatto sì che l’integrazione diventasse la sua forza.
La figlia di Shaidha Raza non si trovava a bordo dell’imbarcazione che nel Mar Ionio si è inabissata.
Fra le vittime del naufragio avvenuto sulla costa crotonese, che finora pare siano state 69, sul barcone con a bordo circa 150 profughi c’era anche Shaihda Raza: una giovane calciatrice e capitano della squadra nazionale pakistana femminile di hockey su prato. La giovane donna soprannominata Chintoo aveva solo 27 anni ed era hazara. Rappresentava il Balochistan United da circa otto stagioni ed era infatti una calciatrice. La squadra del Quetta, città pakistana, era famosa per aver cercato di formare una squadra composta da calciatrici di diverse etnie in nome dell’integrazione.
Shaihda era anche madre di una bimba che pare non si trovasse sull’imbarcazione con lei. La morte della giovane calciatrice è poi stata confermata dalla Pakistan hockey Federation. La donna, pur di scappare dalla persecuzione del suo paese, aveva deciso di rischiare e affrontare la traversata dalla Turchia. Shaihda ha affrontato questo viaggio chiusa nella stiva, ovviamente in condizioni disumane. Il viaggio come sappiamo è finito nei modi peggiori e la giovane è rimasta vittima del mare davanti le coste di Cutro.
In questo modo le vittime salgono a 69, il mare buio e agitato non permette il recupero dei corpi, almeno non di tutti quanti. Nel frattempo, al Palamilone di Crotone è stata aperta la camera ardente delle vittime morte domenica davanti il litorale di Steccato di Cutro. Il silenzio surreale è stato rotto dal dolore e dalle urla di tutti i parenti che sono andati a salutare i propri cari deceduti tra le acque a causa dell’inabissata. In tanti sono arrivati dalla Germania. Le attività di perlustrazione continuano senza sosta alla ricerca di altri corpi dispersi in mare.
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