Prima di diramare le convocazioni per le qualificazioni per gli Europei del 2024, che si giocheranno in Germania, e in cui l’Italia affronterà prima l’Inghilterra di Gareth Southgate e poi il Malta, il commissario tecnico della Nazionale azzurra di calcio, Roberto Mancini, si è lamentato della mancanza di attaccanti italiani titolari nelle proprie squadre di club. L’ex Manchester City e Inter, però, nonostante la penuria, soprattutto per quanto riguarda i centravanti duri e puri (Ciro Immobile è infortunato), forse ancora per lo screzio di giugno scorso, non ha convocato quello che è, a tutti gli effetti, il migliore per numeri (almeno in Serie A): Mattia Zaccagni.
L’esterno della Lazio, che ieri ha risolto il derby di Roma con un colpo da biliardo beffando sia Rui Patricio, sia, specialmente, Nicola Zalewski, da inizio stagione è stato presente in 13 gol della squadra di Maurizio Sarri, in nove reti è stato direttamente lui a finire nel tabellino, nelle altre quattro ha fornito assist ai compagni. Meglio di lui ha fatto solo Vincenzo Grifo, attaccante del Friburgo che in Bundesliga, in 22 partite, ha messo a segno 12 gol. Molti di più, almeno a livello di media, ne ha fatti Mateo Retegui, del Boca Juniors ma in prestito al Tigre, in Argentina, che è stato convocato da Mancini, sì, e forse tra qualche dubbio.
È un’Italia in piena ricostruzione, quella che delusioni, l’Europeo a sorpresa riconquistato e una nuova delusione ancor più cocente, Mancini sta cercando di portare a risplendere. Non è facile, sia chiaro, quando un gruppo si abitua ad assorbire una sconfitta talmente violenta che ti fa capire di poter sopravvivere e soprattutto non è affatto semplice far capire a tutti quello che sarà, lanciare giovani che ancora non sanno di poter essere lanciati e farlo in controtendenza rispetto alle dimostrazioni di un intero movimento, secondo quanto pensa il Commissario tecnico.
Che l’intera Serie A abbia bisogno di una filosofia diversa è chiaro a tutti e soprattutto ne hanno bisogno anche le categoria inferiori, dilaniate nel corso del tempo da investitori e investimenti sbagliati. Debiti, per dirla senza fronzoli, fallimenti e ripartenze che necessitano di rigore e competenza che quando ci vuole, ci vuole. Questa, però, è un’altra storia in una storia che è ancora più tecnica e tattica, quella che si basa sugli eventi che l’ex allenatore di Inter e Manchester City ha denunciato in più occasioni.
I rimproveri e le orecchie tirate ai club sono arrivate in troppe circostanze per non sottolinearlo. Troppi stranieri in campo, poca valorizzazione dei prodotti italiani – soprattutto i più giovani – e la necessità di sfornare una nuova generazione di calciatori vincenti, come è stata quella che fu in annate diverse, quella in cui era un problema scegliere tra i Francesco Totti, gli Alessandro Del Piero e i Roberto Baggio. Ora certamente non è più così e ha ragione il Ct a chiedere un cambio di marcia, a livello di norme e di interpretazione delle stesse, in modo tale che tornare a splendere non sia più un’utopia da sogni nel cassetto, quanto una realtà che si costruisce tassello dopo tassello.
Mancini la sua parte la sta facendo, forse più come si farebbe in un club rispetto a quanto di solito vediamo fare da i selezionatori. L’Italia sta vedendo passare nel novero dei convocati ragazzi come Simone Pafundi, diventando già un intoccabile per il tecnico di Jesi, ma che ancora non ha dato nulla in Serie A, anche perché di occasioni ce ne sono state ben poche. E poi c’è il discorso relativo Mateo Retegui, uno che la nostra Nazionale ha deciso di arruolare, sfruttando la sua cittadinanza italiana, anche per strapparlo all’Argentina, ma che ha fatto storcere il naso a molti. È vero, Mancini arriva da una carenza di centravanti, tra infortuni, ricambio generazionale e mancanza effettiva, che è complicatissima da colmare. La Nazionale Albiceleste, però, nonostante gli ottimi numeri e il fiuto per il gol dimostrato in patria, non ci ha neppure pensato a inserirlo in lista.
Ora Retegui, che non è neppure giovanissimo dato che è un 1999, avrà la sua chance, ma in generale se la sta concedendo il Ct, per non lasciare nulla di intentato. La punta è al Tigre in prestito dal Boca Juniors ed è lì che sta facendo vedere grandi cose, soprattutto per come occupa l’area di rigore, brucia sul tempo gli avversari e riesce a trovare la rete. Scritto così, sembra esattamente quello che mancava agli azzurri per andare in gol con maggiore continuità, avere il cinismo offensivo che tanto ci si aspetta e soprattutto per riprendere la marcia verso i prossimi Europei. In realtà, non è così semplice ed è più un esperimento: Retegui potrebbe essere un calciatore interesse, in futuro però, e ora si confronta con un livello che è completamente diverso rispetto a quello dei top club europei. Ha totalizzato quasi gli stessi gol rispetto alle partite giocate, ma contro difensori che – non ce ne vogliano – sono molto diversi da quelli che si incontrano in Italia o nelle massime competizioni per Nazionali. Il tentativo non è da condannare in toto, e neanche il progetto impostato per Pafundi, uno che nelle idee di Mancini e del suo staff potrebbe prendersi un posto in Nazionale per i prossimi venti anni.
La concezione che, però, gli uomini a disposizione del tecnico di Jesi siano così pochi e così sgangherati stride con il quadro complessivo che si sta profilando per gli azzurri. Riferendoci solo all’attacco, infatti, le convocazioni del tecnico vedono Domenico Berardi, Federico Chiesa, Wilfried Gnonto – che ormai sembra aver preso il posto tra i preferiti del selezionatore -, Matteo Politano, Vincenzo Grifo, Gianluca Scamacca e poi proprio Pafundi e Retegui. Insomma, di carne al fuoco ce n’è tanta soprattutto sugli esterni, mentre tra le punte pure mancano sicuramente due come Ciro Immobile e Giacomo Raspadori che sembrano i principali interpreti del ruolo e lo saranno anche in futuro.
Sicuramente, tra le scelte del tecnico stride non vedere, invece, gente come Nicolò Zaniolo e Mattia Zaccagni. Non ce ne voglia il primo, che ora si sta riprendendo la scena al Galatasaray, ma a Roma e soprattutto a livello comportamentale, non ha mai fatto veramente bene anche in Nazionale. L’esterno ex Verona, invece, non sarà di primo pelo, ma per numeri è il miglior realizzatore in questa stagione di Serie A. Ma ora lo vediamo per bene. Comunque lasciarlo fuori e poche ore dopo vederlo decidere il derby tiratissimo contro la Roma è praticamente un abominio, sicuramente non lascia spazio a lamentele di qualsiasi tipo. Perché il percorso di crescita potrà certamente passare dai giovanissimi, ma abbiamo tre squadre ai quarti di finale di Champions League e anche in Europa e Conference League le cose stanno andando meglio del previsto.
Mancini, nelle ultime ore, è sembrato rispondere indirettamente a queste critiche, dicendo chiaramente: “Non parlerei di rinascita del calcio italiano, magari dei club italiani. Se ci fossero 33 italiani titolari in queste tre squadre, sì, ma al massimo, quando va bene, si arriva a 7 in tutto”. Ha senso, sì, ma fino a un certo punto, considerando che comunque diversi calciatori importanti stanno arrivando anche da Roma, Lazio e soprattutto Juventus, ma che poi qualche talento interessante ce l’hanno anche Atalanta e Sassuolo. Insomma, la spinta a livello federale ci sta, ignorare deliberatamente alcuni calciatori no.
Non sono le uniche parole espresse da Mancini che è anche tornato a sottolineare come il suo attacco, in realtà, non sia proprio quello dei sogni: “Di sicuro, di italiani che fanno gol, non ce ne sono tanti”. E su Nicolò Casale e Zaccagni, invece, si è detto possibilista – come per Zaniolo -, dicendo che sono in via di valutazione e che potrebbero anche tornare nel giro. Ma soprattutto sottolineando che non ci sono motivi particolari per la loro esclusione.
È sicuramente una frecciata rispetto a quanto hanno scritto i giornalisti nelle ultime settimane e forse anche nei mesi. Infatti, ci sarebbe da prendere la macchina del tempo e riscontrare lì dove è avvenuta l’incomprensione, non si sa quanto piccola, tra il calciatore e l’Italia, ma forse più in generale con la Lazio. Siamo negli ultimi giorni di maggio 2022 e la Nazionale è pronta a radunarsi a Coverciano con un gruppo folto, foltissimo, da trenta calciatori. Le scelte di Mancini, però, erano sicuramente giustificate dal fatto che si trattava di un periodo e di un ritiro estremamente lungo che comprendeva cinque partite in due settimane e, quindi, più forze, nelle rotazioni, sarebbero risultate decisive per affrontare quel periodo al meglio. La Nations League gridava necessità e imponeva una reazione a un’Italia profondamente ferita nell’orgoglio, anche perché è difficile gridare al riscatto se il clima e le attese sono completamente diverse, per certi versi disilluse e irrecuperabili.
Prima ancora che le partite, quelle vere, iniziassero a vibrare, proprio in quel momento del bisogno, due calciatori della Lazio si sono chiamati fuori. Il primo di loro era proprio Zaccagni, l’altro invece Manuel Lazzari. Per entrambi, l’iter è stato praticamente lo stesso: prima hanno evidenziato di avvertire dei problemini fisici e per cui non avrebbero potuto continuare il loro percorso in Nazionale. Mancini, però, ha sottolineato al suo staff medico che avrebbero dovuto accertare quali erano le condizioni dei due biancocelesti, prima di rispedirli a casa. E lì è arrivata la macchia: in realtà, si trattava di piccoli problemi, che avrebbero impiegato solo pochi giorni a smaltire.
Mancini, alla fine, senza montare dei veri e propri casi, si è detto semplicemente sorpreso dalla scelta dei due calciatori, ma gli ha dato comunque il permesso di tornare a casa. Incombevano le ferie, probabilmente il riposo, ma il segnale è stato comunque quello di un mancato attaccamento alla maglia che il Commissario tecnico non avrebbe, di sicuro, vedere, e di sicuro non in quel periodo, dove bisognava dimostrare tanto, soprattutto di essere sulla strada giusta.
A quel punto, probabilmente senza neppure saperlo, la scelta di Zaccagni ha condizionato terribilmente il suo percorso in Nazionale. Dal giocarsi una maglia con l’Italia, punto di approdo più splendente per qualsiasi calciatore italiano, l’esterno d’attacco è passato al dimenticatoio, mentre la Lazio e i suoi tifosi lo osannano. Non è facile, però, far cambiare idea a uno come Mancini, che è famoso per la sua eleganza, ma anche per aver intrapreso litigi non facilmente rimarginabili con alcuni dei suoi calciatori più importante. Sicuramente, Carlos Tevez vi dice qualcosa.
In ogni caso, sembra una coincidenza fin troppo affine per tempi e modi per non considerarla ancora una punizione, a distanza di quasi un anno. Soprattutto, sembra la volontà di far capire al ragazzo quanto pesa la maglia dell’Italia e che conquistarla non può essere affatto scontato, ma anche mantenerla.
Ovviamente questo potrebbe essere il punto di vista di Mancini, in base alle ricostruzioni dell’epoca dei fatti, e comunque stride con le ‘lamentele’ che il tecnico di Jesi non lascia tanto al caso ogni volta che la luce sulla Nazionale torna ad accendersi per via degli impegni sul campo. C’è il tempo, e c’è pure stato, negli ultimi dieci mesi per chiarire una questione di questo tipo e soprattutto sembra autolesionismo privarsi di un calciatore così forte e impattante sul destino della Serie A, in un momento del bisogno come paiono le due sfide con Inghilterra e Malta.
Zaccagni, inoltre, oltre alle qualità enormi mostrate come esterno d’attacco, ha sempre palesato un atteggiamento impeccabile con la maglia della Lazio. Fa la fase difensiva senza borbottare, quasi per predisposizione naturale. E poi attacca, attacca benissimo e a un livello di intensità estremamente moderno e raro nel panorama attuale del campionato italiano. Salta l’uomo con una puntualità e un talento che non si vede tutti i giorni e poi ha anche la capacità di capire quando è il caso di far progredire l’azione sul fondo o quando è meglio accentrarsi per poi arrivare alla soluzione personale, visto anche il tiro che si ritrova.
La mentalità, però, è ciò che più contraddistingue un ragazzo che è arrivato al pieno della sua carriera e c’è arrivato proprio nel miglior momento della storia recente contro la Lazio. A prescindere dalle questioni private, che comunque restano private e ha gestito senza troppe polemiche o scontri pubblici, Zaccagni è un ragazzo umile, disposto a sacrificarsi per il bene della squadra e per il suo club e che incarna alla perfezione i valori della Lazio, tanto da essere già uno dei simboli e un eroe per i suoi tifosi.
Il gol di ieri contro la Roma, ma in generale tutta la prestazione, ha dimostrato le qualità dell’esterno d’attacco. Fin dall’inizio della partita, ha letteralmente fatto impazzire Gianluca Mancini – non a caso, particolarmente nervoso per tutto il match – puntandolo continuamente, seminando il panico e creando un gran numero di occasioni da gol. Insomma, un protagonista, di quelli da portarsi il pallone a casa e che sa come leggere i momenti della partita, anche se si tratta di fare la fase difensiva.
A molti tifosi, poi, sono piaciute le dichiarazioni dell’attaccante a fine partita: “Il gol è dedicato a mio padre e a tutta la mia famiglia, oltre che a questo pubblico fantastico. Se avessi fatto gol, avrei festeggiato coi tifosi e così è stato. Siamo contenti perché era un derby e perché ora la classifica ci permette di guardare con fiducia alle prossime sfide. Vincere questo tipo di partita è importante, anche di misura”. E ha continuato: “Ora vogliamo andarci a prendere la Champions League, ma dobbiamo ragionare partita per partita. Ho cercato di stare più tranquillo possibile, sono contento di questo. Ho ascoltato i consigli di papà che in settimana mi aveva consigliato di stare calmo”. A proposito di umiltà e di carisma, proprio quelli che servirebbero nella Nazionale di Mancini, oltre alla capacità di decidere le partite, proprio quando ce n’è più bisogno. Quel cinismo che a molti sembra mancare e che il tecnico di Jesi troverebbe proprio con Zac, qualora tornasse a chiamarlo.
E anche sui social, non sono chi tifa Lazio, ma in generale chi apprezza le qualità dell’esterno d’attacco non ha fatto mancare il suo disappunto per le scelte di Mancini, ma in generale anche le lusinghe per l’ex Verona negli ultimi giorni.
Se ci sono stati degli screzi, o meglio delle incomprensioni, si possono tranquillamente mettere da parte per il bene di tutti. Bisogna guardare avanti per l’Italia e anche nelle questioni personali: Zaccagni è una perla del calcio italiano che non è possibile mettere in secondo piano. Soprattutto ora non se ne può più fare a meno.
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