Il caso del neonato deceduto all’ospedale Pertini di Roma ha fatto sorgere una riflessione su un tema delicatissimo, che in Italia non viene trattato come si dovrebbe: la violenza ostetrica. Di che si tratta?
Mamme abbandonate a loro stesse, donne che dopo il parto a volte vengono lasciate sole, con i loro neonati, stanche e a volte impossibilitate a prendersi cura anche di loro. Sono tanti i casi di violenza ostetrica in Italia che in queste ore, grazie ai social, stanno venendo alla luce dopo il caso tragico del neonato morto a Roma, soffocato dal latte della mamma, addormentata profondamente mentre lo allattava. Ma sappiamo davvero di cosa stiamo parlando?
In queste ore la notizia del neonato morto all’ospedale Pertini di Roma ha creato un dibattito importante in Italia, su un tema specifico molto delicato: la violenza ostetrica.
Dopo che il papà del bambino ha dichiarato che la moglie era “stata lasciata sola” dagli inservienti dell’ospedale dopo il parto, tantissime madri sui social hanno deciso di raccontare la propria esperienza.
Chi si trova a leggere di questi episodi, di donne abbandonate, magari anche derise e insultate nel peggiore dei casi, spesso non sa di cosa si parla.
Spesso non si comprende a pieno che esiste un vero e proprio tipo di violenza che a volte si palesa nel momento che dovrebbe essere uno dei più belli per una donna.
Nei paesi europei, anche in Italia quindi, il concetto di violenza domestica è ancora poco dibattuto, a differenza dell’America Latina in cui ben 5 Stati hanno definito questa in una legge ufficiale.
La violenza ostetrica è una tipologia di violenza sulle donne molto specifica, che si palesa anche implicitamente solo in quanto donne: abusi verbali, fisici che una mamma subisce durante il parto e anche dopo, come in questo caso della neo mamma al Pertini, abbandonata con il suo bebè a poche ore dal parto.
Atteggiamenti completamente rappresentativi della disuguaglianza di genere, come ha spiegato l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e come affermano anche diversi studi fatti da esperti scientifici in materia.
Un vero e proprio problema che, purtroppo, molte volte si manifesta in tantissime strutture ospedaliere ma che è stato preso sottogamba, per colpa di pratiche ancora oggi legittimate dalla collettività.
Per contrastare la violenza ostetrica, in primis, bisogna riconoscerla: si deve sapere che questi atti possono essere anche pratiche utilizzate nei nostri ospedali continuamente, una routine che sembra normale ma in realtà non lo è.
Di cosa parliamo? Ad esempio, dell’obbligo durante il parto della posizione supina, dell’utilizzo delle staffe, o anche semplicemente non far entrare un accompagnatore con la paziente per assisterla anche dopo il parto.
Certo, non è facile riconoscere questi atteggiamenti, questi processi ormai così consolidati nella nostra società. Ma è importante allenarsi a farlo, per proteggere ed esercitare al meglio i diritti di tutte le donne partorienti, dei piccoli che nascono.
Ecco perché le testimonianze che stanno uscendo fuori in queste ore sono molto importanti: ascoltare è la prima arma a nostra disposizione.
Dopo l’episodio al Pertini, in queste ore, come dicevamo, moltissime mamme stanno raccontando la propria esperienza. Tante davvero, tantissime testimonianze che rispecchiano a quanto pare la realtà italiana che, a nostro dire, si rivela molto preoccupante.
In una ricerca Doxa, qualche anno fa era stato accertato che in Italia una donna su tre non riceve assistenza dopo il parto e, per quanto riguarda l’allattamento, il 27% delle mamme intervistate confessa una mancanza di sostegno da parte dei medici e degli infermieri.
Ecco alcuni post di testimonianza che abbiamo raccolto online:
Queste sono solo alcune delle migliaia di testimonianze che continuano a circolare sul web in queste ore, insieme anche ad alcune petizioni aperte e raccolte firme contro questi comportamenti.
Storie che lasciano senza parole, che fanno venire i brividi, episodi di violenza ostetrica che insieme creano un unico urlo disperato di giustizia, ovviamente diretto alle nostre istituzioni.
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