La Procura ha aperto un fascicolo d’indagine per omicidio colposo e sul corpo del piccolo è stata disposta l’autopsia.
In una intervista al Messaggero, il papà del bambino ha ricostruito le ore precedenti al parto fino a quella telefonata, nel cuore della notte, in cui la compagna lo implorava di correre da lei in ospedale.
Una tragedia che si poteva evitare? È questo che si chiedono gli inquirenti, ma soprattutto i genitori del piccolo, di appena tre giorni, morto soffocato all’ospedale Pertini di Roma. Sul corpo del neonato è stato disposto l’esame autoptico, ma sembra che il decesso sia avvenuto per soffocamento. Il bambino sarebbe rimasto schiacciato dal peso della madre, che si sarebbe addormentata mentre lo allattava nel letto d’ospedale.
Quando un’operatrice sanitaria si è accorta di quanto successo, era ormai troppo tardi. All’1.40 di sabato notte, i medici hanno dichiarato il decesso del bambino.
A ripercorrere quanto successo nel nosocomio capitolino, è il papà del bambino, sconvolto da una tragedia enorme, a poche ore da quello che era stato il giorno più bello della sua vita. L’uomo, originario dell’Abruzzo, ha raccontato al Messaggero le ore che hanno preceduto la nascita del figlio, fino a quella drammatica telefonata, nel cuore della notte, in cui la sua compagna lo implorava di correre da lei in ospedale perché il loro bambino non c’era più.
Stando a quanto riferito dal papà, il piccolo sarebbe nato dopo 17 ore di travaglio, iniziato alle 4 di notte.
“Era stremata, ma le hanno subito portato il bambino per l’allattamento e hanno anche preteso che gli cambiasse il pannolino da sola, ma non si reggeva in piedi. Lei stessa aveva chiesto più volte al personale di portare il piccolo al nido per qualche ora per poter riposare un po’. Non ce la faceva più. Ma la risposta era sempre “no””.
Intanto, la Procura di Roma ha aperto un fascicolo d’indagine per omicidio colposo e sul corpo del piccolo è stata disposta l’autopsia, i cui risultati saranno resi noti nelle prossime ore e gli agenti di polizia hanno sequestrato le cartelle cliniche.
Sebbene sia consapevole che nulla potrà restituirgli il suo bambino, il papà del piccolo chiede giustizia, perché la tragedia che ha colpito la sua famiglia non capiti ad altri neo genitori. Stando a quanto riferito dal 36enne, le restrizioni anti-Covid, che impediscono di restare accanto alle partorienti, andrebbero riviste, perché l’esperienza del parto è certamente meravigliosa, ma sfiancante e stremante, e nessuna mamma merita di dire addio al suo bambino, perché lasciata sola in un letto d’ospedale.
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