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Il nuovo disco di Nesli, Kill Karma, è uscito il 1° luglio 2016, e per l’occasione abbiamo raggiunto l’ex rapper per un’intervista dedicata al secondo capitolo della sua trilogia pop. All’anagrafe conosciuto come Francesco Tarducci, Nesli ha mosso i primi passi da musicista nella scena rap, così come il fratello Fabri Fibra. Il genere inizia però ad andargli stretto, diventando troppo identificativo per un cantautore che ha costantemente bisogno di mettersi in discussione, stupire, reinventare. Da circa tre anni, i lavori di Nesli stanno progressivamente impregnandosi di suoni pop, abbracciati per intraprendere un viaggio comunicativo avviato nel 2014 con Andrà tutto bene, continuato con Kill Karma e che si concluderà con un già embrionale terzo volume. Francesco sembra decisamente a suo agio nel regno del pop e dichiara a NanoPress di aver già in cantiere la canzone perfetta per il prossimo Festival di Sanremo.
Hai dichiarato che Kill Karma è il secondo volume di una trilogia, mentre il tuo precedente album, Andrà tutto bene era un concept. Come mai questa volontà molto forte di legami e coesione?
Immaginarli così è la parte più divertente e creativa, quando concepisco un album non lo faccio per singoli, ma li inserisco in un contesto con un’idea di fondo e una direzione ben precisa. Il singolo non mi appaga, mentre se penso al disco come un mondo, l’intero processo si fa più stimolante. Inoltre ho sempre molte idee ma con le tempistiche discografiche è difficile mettere tutto in un disco, quindi raggruppo.
Cosa unisce tra loro i due dischi già realizzati e il prossimo venturo?
Kill Karma è essenzialmente una favola amara, una lunga considerazione sulla bellezza del mondo che ci circonda e sulla tristezza dell’animo umano. Tutti e tre i dischi, dall’ottimismo di Andrà tutto bene a questo secondo capitolo più crudo, amaro e viscerale, andranno a compiersi con l’ultimo album, che sarà una sorta di Paradiso dantesco, l’ultimo girone.
Con Kill Karma hai sterzato pienamente verso il pop, l’abbandono del rap è stata una scelta puramente personale o è anche specchio di una prassi italiana?
La mia è stata una scelta personale, anche perché già quando facevo rap si trattava di un ibrido. Sono sempre stato un individualista e ormai il mio stile si riconosce nel bene e nel male. Ho virato perché volevo appunto che il mio sound fosse riconoscibile in quanto personale, avevo qualcosa da dire e sotto ci può star tutto.
Esiste ancora una scena rap italiana o il pop sta fagocitando i suoi esponenti?
Quella rap è una scena tutt’ora in salute, ecco perché mi sono staccato. Era diventato un genere troppo identificativo per me.
Spesso hai detto che tra i tuoi ascolti preferiti ci sono gli album che non hai mai pubblicato, ma oltre a te stesso ci sono artisti italiani o stranieri a cui hai fatto riferimento per Kill Karma?
Se avessi avuto dei riferimenti avrei avuto una strada battuta da poter seguire, ma il mio percorso è frastagliato e strano. Sono arrivato qui proprio grazie alla contaminazione priva di pregiudizi. Forse Beck ha un mondo simile al mio come comunicatore, ma si tratta più di un bagaglio culturale che una vera e propria fonte di ispirazione. Non c’erano precedenti a cui appigliarmi quando ho pubblicato il mio lavoro e me ne assumo il rischio.
Le collaborazioni non mancano nella tua carriera, con quale artista ti piacerebbe duettare o collaborare oggi?
Al momento non ho una grande voglia di collaborazioni, ma dovendo scegliere mi piacerebbe Eros Ramazotti per cantare un mio brano. Penso sia un interprete e artista straordinario, in lui coincidono questi due aspetti, cosa che non si può dire mi molti.
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Nella tua parabola verso il pop si inserisce perfettamente l’esperienza al Festival di Sanremo, pensi che si ripeterà?
Mi piacerebbe molto e sto dicendo a tutti che faccio un appello pubblico a Carlo Conti perché ho la canzone giusta per il suo Festival! A Sanremo mi sono trovato bene, è la dimensione giusta per un cantautore, la vetrina principale che ti permette di acquisire visibilità, quindi perché no?
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