Il colosso dello streaming americano guida la crescita del settore, ma l’inflazione si fa ancora sentire: le famiglie tagliano gli abbonamenti.
Lo studio di Mediobanca, tra analisi del settore Radio e Tv. L’espansione delle piattaforme in streaming negli ultimi due anni in un mercato televisivo dominato da Sky, Mediaset e Rai – con l’80%. Numeri in crescita nel giro d’affari Netlfix, che duplica gli abbonati dal 2019 al 2022 ma che non si sottrae alla crisi e all’inflazione. In Italia il Canone del servizio televisore pubblico è il più basso tra i maggiori Paesi in Europa.
I numeri raccolti da Mediobanca raccontano di un settore, quello dello streaming, in continua crescita. I dati di Netflix su tutti, non è certo un segreto, sono in qualche modo strabilianti. Si parla del 50% in più di abbonati dal 2019 (da 2,5 milioni a 5 milioni nel nostro Paese), di un giro d’affari da 550 milioni di euro (con un +35% rispetto al 2020 e addirittura +70% se si guarda al 2019).
La televisione rimane dominata dalla paytv Sky insieme a Mediaset e alla Rai, per un mercato complessivo post pandemia da 8,5 miliardi di euro, poco sotto l’8,7 di pre pandemia dunque.
Nel bilancio di Mediobanca, che ha analizzato i numeri dei primi 9 mesi dell’anno appena terminato, saltano all’occhio i segni positivi delle società di intrattenimento, in crescita per un totale di 8,2%. In media Netflix con un +8,1%, anche se negli anni della pandemia aveva fatto segnare crescite da 24% e 18%. I contenuti on demand segnano il trand delle nuove piattaforme, visto che sono in calo gli abbonamenti alle paytv (4,9% in meno rispetto al 2021).
Dunque la forza dello streaming non è in discussione – come si denota anche dalle recenti forme di distribuzione dei contenuti sportivi tra Dazn ed altre piattaforme online tra i vari paesi in Europa (ESPN+ ad esempio). Impossibile non citare Disney Plus che su scala globale è risicato ad accaparrarsi il primato con il 25% del mercato “subscription video on demand”.
Il primato di sottoscrizioni come singola piattaforma però è ancora della società di Los Gatos, che in tutto il mondo vanta 223 milioni di abbonati con il 24% del mercato, ben diviso con il terzo grande competitor ossia Prime Vide, poco sotto con il 22,8% del mercato. Chiudono le neofite Warner Bros – almeno nel mondo dello streaming – Discovery e Paramount. Loro sì, grandi catene di distribuzione e produzione, adesso costrette alla transizione e alle nuove tecnologie.
Ma nonostante l’incredibile crescita dello streaming nell’intrattenimento globale, non solo quando il focus è su film e serie tv, sorgono di recente alcune criticità legate alla crisi. Si, perché il marcato sta diventando intollerabile, e le decine di sottoscrizioni stanno cominciando a risultare strette a molte famiglie. Del resto l’inflazione continua a spingere l’economia mondiale e sempre più utenti sono stati costretti ad effettuare le tanto agognate disdette. A tal proposito la scorsa estate sempre Netflix si era ingegnata cercando di portare una nuova fascia di abbonamento, che prevedesse le pubblicità e un costo ancora più basso per il singolo account. Ma non solo la crisi ha portato all’aumento dei prezzi; come ovvio la spietata competizione tra titani ha fatto si che i Giganti del WebSoft si siano appropriati anche del comparto dei contenuti originali.
Dove le famiglie italiane stanno invece “risparmiando” è sul canone Rai. Proprio così, la tanto discussa tassa sulle bollette degli italiani è la meno cara, dal punto di vista televisivo, d’Europa. E poco importa se Matteo Salvini nel flusso delle sue promesse populiste aveva assicurato, dal “basso” del suo 8% alle ultime elezioni, di eliminare il canone.
Il Canone italiano è il più basso unitario tra i maggiori Paesi, con 0,25 euro al giorno contro la media europea di 0,31 euro al giorno. Per la Tv tedesca il costo è circa di 0,58 euro giornalieri, mentre in Gran Bretagna e in Francia il Canone è di 0,50 euro e di 0,38 euro.
La classifica europea del servizio televisivo pubblico è guidata dalla Germania, con un giro d’affari da 8,9 miliardi di euro (tre volte quello italiano da 2,6 miliardi). Secondo posto – ironia della sorte – per la Gran Bretagna con 7,7 miliardi; a seguire la Francia con 3,9. Ma nel 2021 l’Italia è stata la terza per crescita dei ricavi, proprio post pandemia, dietro a Spagna e UK.
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