[didascalia fornitore=”ansa”]Amatrice sotto la neve[/didascalia]
Il maltempo colpisce anche le zone devastate dal recente Terremoto in Centro Italia: ad Amatrice e Accumoli sono almeno 30 i centimetri di neve caduta in queste ore. Neve e temperature basse stanno recando molti disagi alla popolazione, soprattutto a coloro che vivono nelle cosiddette ‘casette’ allestite per ospitare le famiglie sfollate all’interno dei villaggi sorti in via emergenziale dopo il terremoto. La vita degli abitanti all’interno delle Soluzioni abitative di emergenza (Sae) è dura tutto l’anno, ma con il gelo portato da Burian lo è ancora di più.
Oltre 30 centimetri di neve sono caduti su Amatrice e Accumoli, i due comuni maggiormente colpiti dal recente terremoto in Centro Italia. Anche se le operazioni di rimozione della neve hanno riportato la situazione della viabilità più vicina alla normalità, grazie ai mezzi spazzaneve e spargisale di Anas, Regione Lazio, Provincia, Comuni e Protezione civile, va detto che la vita all’interno delle casette è ai limiti della sopravvivenza.
Il motivo è che le casette, le Sae destinate in Centro Italia dopo il terremoto che ha colpito in Umbria, nelle Marche, nel Lazio e in Abruzzo, non sono adatte a resistere a “qualsiasi condizione climatica”, così come erano state presentate. Nella gallery che segue: Amatrice sotto la neve
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In particolar modo, i residenti temono che – probabilmente – le casette non siano state collaudate a resistere a un clima di montagna, prima dell’installazione, e sono state piazzate ad Amatrice, Accumoli e Arquata del Tronto, località sui monti Sibillini e di quelli della Laga, dove è notorio che ogni inverno è rigido, dato che ci troviamo a oltre mille metri di altezza. E di solito in questi posti l’inverno dura fino a aprile, a prescindere dall’abbattersi o meno dei venti siberiani.
Già all’inizio dell’inverno 2017/2018 gli abitanti delle zone terremotate che hanno avuto la ”fortuna” di vedersi assegnato un modulo abitativo, avevano denunciato le condizioni estreme in cui si trovavano a vivere con l’abbassamento delle temperature, con l’acqua gelata che si blocca nei tubi, la corrente che salta impedendo il funzionamento di caldaie e riscaldamenti e il malfunzionamento degli impianti fognari. Senza considerare la coibentazione insufficiente del vano caldaia, che ha provocato in diversi casi la spaccatura dei tubi soprattutto in concomitanza con l’interruzione del servizio elettrico.
Disagi che le comunità di queste zone hanno denunciato fin dai primi momenti, comunità che purtroppo non sempre sono state ascoltate da chi di dovere.
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