Il trend del riscaldamento acclarato ed oramai accertato, potrebbe nei prossimi anni, portare ad un’assenza di neve dai nostri monti. La quota dello zero termico, sempre più elevata, costringerà probabilmente molti impianti a quote inferiori a doversi riconverte. Ma la neve non è solo sci: è un grande alleato per il nostro eco-sistema
Una condizione che non riguarda solo l’Italia. La metà dell’Europa sta affrontando una condizione climatica varia, che va dai venti gradi sfiorati sui Pirenei fino alle piste svizzere dove la neve artificiale è l’unica garanzia per le gare di Coppa del Mondo.
Un quadro desolante quello che si è presentato ad inizio Gennaio 2023 dopo un 2022 che ha segnato il record come l’anno più caldo della storia d’Italia.
Crisi climatica
Quella che stiamo vivendo è, a tutti gli effetti, una vera e propria crisi climatica causata dall’uomo e dalle sue emissioni. Le conseguenze, sono quelle che oramai si verificano sempre più di frequente: elevate anomalie che hanno ripercussioni su diversi aspetti.
Non solo rischi economici per il turismo, mentre nel futuro immediato si prevedono ripercussioni sull’agricoltura e sull’energia, specialmente per l’energia idroelettrica.
Neve, la mancanza della “dama bianca”: quali impatti?
La mancanza di neve potrebbe avere impatti significativi sull’estate, poiché rappresenta una riserva idrica importante. Nel complesso, l’inverno meteorologico terminato il 28 febbraio 2023, ha fatto segnare accumuli molto inferiori alla media sia sul settore alpino che su quello appennino. Uniche aree con anomalie positive sono state quelle della Sicilia.
Prime stime degli studi in Spagna
La neve sta diventando sempre più rara in Spagna e negli altri paesi dell’Europa sud-occidentale. A causa della grande variabilità delle precipitazioni, è difficile stabilire tendenze precise.
Tuttavia, nel caso specifico della neve, la sua frequenza dipende fortemente dalla temperatura e dall’aumento della temperatura media a causa del riscaldamento globale, che in Spagna ha raggiunto un aumento di 1,3 °C rispetto agli anni ’60 del XX secolo ed addirittura +1.7 se prendiamo in considerazione gli anni dal 1950 al 1900.
Ma a volte ci sono nevicate eccezionali
I cambiamenti climatici non solo stanno causando una diminuzione della nevosità media, ma stanno anche aumentando l’incertezza riguardo alla presenza della neve.
Gli inverni con carenza di neve si alternano a quelli con nevicate straordinarie che possono portare a rischi di valanghe e altri problemi come ad esempio, accaduto nel mese di febbraio in Sicilia con accumuli che, localmente, hanno superato i 2 metri.
Per salvare la neve in futuro, oltre alla riduzione dei gas serra, è necessario ripensare il turismo invernale in modo più sostenibile e meno dipendente dalla neve.
Cambiamenti climatici e montagna
La montagna è un ambiente estremamente sensibile ai cambiamenti climatici: un aumento di temperatura di un grado, ad esempio, fa salire di circa 150 metri la quota dello zero termico.
La preoccupazione per questo problema è stata espressa da diverse organizzazioni, come l’OCSE che, già nel 2007, ha sottolineato l’importanza di adottare misure di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico, specialmente nelle Alpi, considerate una torre d’acqua dell’Europa e particolarmente vulnerabili agli effetti dell’aumento delle temperature.
Questo aumento, infatti, è stato tre volte superiore a quello registrato a livello globale e ha già causato una riduzione della neve a bassa altitudine, un arretramento dei ghiacciai e un cambiamento nelle temperature e nelle precipitazioni estreme.
Crisi climatici è crisi economica? La neve come volano economico
Fare un’uguaglianza di questa tipologia potrebbe sembrare azzardato, ma non lo è. In Italia, il cambiamento climatico rischia di avere un impatto disastroso sul turismo invernale.
E’ conoscenza comune, infatti, che se la temperatura globale dovesse aumentare di 4°C, solo 21 delle 87 stazioni sciistiche delle Alpi sarebbero ancora operative, mentre con un aumento di 2°C se ne salverebbero 59.
Tuttavia, se si riuscisse a contenere l’aumento delle temperature entro 1.5°C, sarebbe possibile salvare quasi 70 stazioni sciistiche, a patto che si trovino a un’altitudine superiore ai 1500 metri.
Eurac di Bolzano, neve assente sotto i 1.300 metri
Uno studio più recente condotto dall’EURAC di Bolzano prevede che l’aumento delle temperature avrà conseguenze dirette sul paesaggio, sull’innevamento e infine sul turismo invernale.
Si prevede infatti che le aree con innevamento al suolo nelle Alpi possano diminuire dal 62% all’84%, con particolare svantaggio per le aree sciistiche a bassa quota o esposte maggiormente al caldo.
Secondo diversi studi, già entro il 2030 le aree sotto ai 1300 metri non avrebbero garanzia di avere sufficiente innevamento.