Nicola Lagioia con La ferocia – il libro pubblicato da Einaudi nel 2014 – sarà tra i candidati al Premio Strega 2015. Dopo il grande successo di Riportando tutto a casa – romanzo di formazione sul dramma giovanile della Bari anni Ottanta e vincitore, tra l’altro, del Premio Viareggio 2010 per la narrativa – lo scrittore pugliese, alla sua quarta fatica letteraria, ci offre ancora una volta uno spaccato (feroce) della sua terra d’origine che diventa, attraverso le vicende dei protagonisti, lo specchio dei mali dell’Italia di oggi. La storia è quella dei Salvemini, del capofamiglia Vittorio e dei suoi quattro figli, della violenza della speculazione edilizia e dello scempio di un territorio (quello pugliese e del Sud intero) ancora troppo martoriato e sottovalutato. Come nel precedente anche in quest’ultimo romanzo si parla di ‘caduta’, una caduta che non è quella della gioventù di un’epoca, ma di un intero Paese in cui il male (tramutato in ‘ferocia‘) dilaga lasciando spazio ad un’unica regola: combattere per sopravvivere.
Dopo Storia della bambina perduta, di Elena Ferrante, dunque, anche La ferocia, di Nicola Lagioia, sarà tra i titoli candidati al prossimo Premio Strega 2015. Il giovane scrittore barese ha deciso di ambientare nella sua Bari anche le vicende di quest’ultimo romanzo che racconta, tra introspezione e tinte noir, la storia di Clara, terzogenita di una ricca famiglia di costruttori, i Salvemini, la cui tragica morte compromette i legami tra il capofamiglia Vittorio, la moglie Annamaria e i figli Michele, Gioia e Ruggero.
E’ notte e sulla statale che collega Taranto a Bari una donna, nuda e piena di sangue, viene travolta da un camion mentre cammina sulla strada: è Clara Salvemini, figlia di un magnate barese delle costruzioni, una giovane dalla bellezza splendente che ‘illumina le stanze in cui entra o le oscura, a seconda della tempesta che l’accompagna‘. Tutti pensano ad un suicidio, ma c’è qualcosa in quella morte che stride col modo in cui è avvenuta: davvero le cose stanno così? Troppi gli interrogativi, troppi i dubbi che ruotano attorno alla ricca e potente famiglia, come il rapporto che la ragazza aveva con i fratelli – in particolare con Michele, il più piccolo, quello instabile, quello ‘problematico’, o i legami con gli affari del padre, forse Clara sapeva qualcosa. Del resto i Salvemini hanno un certo prestigio nella zona e nel campo delle costruzioni edilizie sono i padroni. E’ proprio Michele, il figlio ‘estraneo’ perché nato fuori dal matrimonio, a mettersi a caccia della verità: la tesi del suicidio fa acqua da tutte le parti e Clara, a cui è legatissimo fin da bambino, non può aver deciso di metter fine alla propria vita in questo modo tanto assurdo.
Con un incipit degno dei migliori noir, un ritmo veloce e scandito da continui rimandi al passato, Nicola Lagioia racconta il crollo di una famiglia e delle sue malefatte edilizie sullo sfondo di una terra in cui il paesaggio naturale sembra assumere connotazioni surreali, quasi metafisiche. Come la figura di Clara, la cui storia fa da filo conduttore al romanzo e che all’interno dello stesso diventa un personaggio evanescente. E’ dalla storia della sua vita, cominciata con la sua morte, che viene fuori l’impalcatura ‘malata’ su cui poggia la famiglia Salvemini: due genitori anaffettivi, una madre casalinga e un padre troppo preso dai suoi loschi affari con il potere, una galleria di personaggi – avvocati, imprenditori, medici e politici – ‘spaventosi e realistici‘, e un fratello, Michele, abbandonato a se stesso da bambino, sospettoso e irrequieto da adolescente, e deciso ora a far luce sulla morte della sorella. Una sorella con la quale aveva un rapporto strettissimo, quasi morboso, perché in una famiglia senza affetto come quella bisogna mantenersi in vita in qualche modo, e i due fratelli lo hanno fatto sostenendosi a vicenda, facendo del loro affetto la loro forza.
Sullo sfondo, come dicevamo, l’autore racconta una terra, la Puglia, ricca e piena di sole, orgogliosa ma al contempo ferita dagli scempi (edilizi) che da tempo ormai sembrano avere il sopravvento. Nonostante ciò, La ferocia è tutt’altro che un romanzo di denuncia, anzi: è piuttosto un affresco, un ritratto verosimile di una società in cui la ‘ferocia’ della corruzione e dello sfruttamento edilizio si agirano come spettri, facendo da controcanto ad un amore fraterno destinato, purtroppo, ad una tragica, quanto affatto scontata, fine.