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Categories: Cronaca

#NoiNonCiInchiniamo, così i giovani di Corleone si ribellano alla mafia

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Un hastag diventato virale per dire no alla mafia. #NoiNonCiInchiniamo è il messaggio lanciato dai ragazzi di Corleone, giovani e non solo che hanno voluto rispondere all’ennesimo provocazione della malavita, dopo l’inchino riservato alla moglie di Totò Riina. I social sono così diventati il terreno di una battaglia culturale che è fondamentale nella lotta alla mafia: i cittadini di Corleone ma soprattutto i ragazzi hanno messo la propria faccia per dimostrare che non tutti i corleonesi sono mafiosi, che sono loro la parte sana e bella della città e che non si piegheranno. L’iniziativa è stata rilanciata dai Giovani democratici del corleonese che sulla pagina Facebook hanno creato un collage con i loro visi e l’hastag #NoiNonCiInchiniamo. “A chi sostiene che è sempre la stessa storia, che le cose non cambiano mai e che questa terra è ormai segnata in eterno, rispondiamo con le nostre foto: le facce dei giovani del corleonese, della Sicilia e dell’Italia vera, che non si sono mai rassegnati“, si legge sul loro profilo.

Per molti Corleone è la città della mafia, il feudo di Riina e Bagarella, in mano alla famiglia del boss anche durante la sua detenzione al 41 bis. L’ultimo episodio sembra voler confermare il quadro. Il 4 giugno, in occasione della processione di San Giovanni Evangelista, i portatori della vara hanno fatto l’inchino davanti all’abitazione di Ninetta Bagarella, moglie di Salvatore Riina, in segno di omaggio alla donna che, secondo gli inquirenti, ancora oggi rappresenta il potere del clan mafioso. L’episodio ha scatenato la reazione delle forze dell’ordine: i Carabinieri presenti alla processione si sono allontanati subito e hanno inviato una relazione alla Dia perché venga fatta luce sulla vicenda.

L’inchino a Ninetta Bagarella è l’ultimo di una serie di “omaggi” che parte della popolazione ha reso negli ultimi anni ai familiari di boss mafiosi, camorristi o ‘ndraghetisti rinchiusi in carcere, come a voler dire che neanche le sbarre di una prigione possono tenere lontani i criminali dai loro territori.

Il caso di Corleone è ancora più emblematico. Stiamo parlano della moglie di Riina, della Belva di Cosa nostra, colui che ha insanguinato le strade di Palermo, che ha dichiarato guerra allo Stato, uccidendo giudici, giornalisti, poliziotti e chiunque si mettesse di traverso. Dopo anni di sangue, la battaglia (ma non la guerra) sembrerebbe vinta: poi arrivano questi episodi che minano la fiducia e la speranza.

Non quella dei giovani di Corleone che dicono no alla mafia ogni giorno in una terra impregnata dalla cultura criminale e lo fanno con un’iniziativa semplice e coraggiosa, come quella di postare selfie con la scritta “Non ci inchiniamo”. L’atmosfera a Palermo e dintorni è già caldo: Salvatore Borsellino, fratello del giudice ucciso dalla mafia di Riina, ha fatto sapere di essere pronto a qualsiasi iniziative pur di impedire al figlio Salvo Riina di presentare il suo libro a Palermo.

Nell’attesa di risposte ufficiali sull’accaduto, con la certezza che comunque un santo su un carro non possa inchinarsi, ribadiamo quindi con tutta la nostra forza e la nostra dignità di cittadini, di Corleone e del territorio, che noi non ci inchiniamo e non ci inchineremo mai alla mafia“, si legge sulla pagina Facebook dei Giovani Democratici. “A chi sostiene che è sempre la stessa storia, che le cose non cambiano mai e che questa terra è ormai segnata in eterno, rispondiamo con le nostre foto: le facce dei giovani del corleonese, della Sicilia e dell’Italia vera, che non si sono mai rassegnati ma continuano ogni giorno a combattere la cultura mafiosa per costruire un presente e un futuro migliori“. Le loro facce sono il futuro a cui la Sicilia e l’Italia si deve aggrappare per sconfiggere davvero la mafia.

Lorena Cacace

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