Non possiamo sconfiggere la crisi climatica senza erba

La crisi climatica in atto sta cambiando anche il nostro modo di concepire gli spazi verdi ma l’era è invece fondamentale per contrastarla.

Vegetazione
Vegetazione – Nanopress.it

Addirittura a Las Vegas un è stato emanato un decreto che impone a chiunque abbia un giardino, di sbarazzarsi del tappeto erboso davanti casa entro 5 anni.

La crisi climatica

Contro la crisi climatica i governi si stanno attivando ed è di poche ore fa la notizia che chiunque abbia una casa con giardino a Las Vegas, dovrà sbarazzarsi del tappeto erboso entro il 2027.

Il motivo è semplice: il prato domestico richiede molta acqua per essere curato, anche se ha pochissime varietà di specie. Questo va costantemente rasato e curato e richiede molta acqua per farlo.

Proprio l’emergenza idrica è particolarmente grave in Nevada ma anche in California e in altre zone del mondo. Questo bene preziosissimo scarseggia sempre di più ma siamo sicuri che davvero siano i prati domestici il problema?

In realtà viene confuso il cosiddetto prato all’inglese, quindi quello domestico, con il prato selvatico, il quale è decisamente un grande nemico del clima a differenza del primo.

La notizia che viene da Las Vegas è una delle tante riconducibili alla crisi climatica in correlazione ai prati e questa associazione può apparirci bizzarra.

In effetti ci sono differenze enormi fra le aree verde selvatiche e incolte, e i giardini di casa. I secondi infatti sono alleati insostituibili nella lotta al riscaldamento globale e per capire il motivo è necessario fare un salto nel passato e vedere come si sono evoluti nel corso della storia.

Senza prati non esisterebbe la civiltà

Oggi il nostro pianeta è per lo più verde, infatti è costituito dal 70% di piante per quanto riguarda le terre emerse. Le erbacee occupano la meta dei terreni non coperti dai ghiacci ed è curioso apprendere che fino a 100 milioni di anni fa non era così.

All’epoca infatti non esisteva nemmeno un filo d’erba e se la situazione fosse rimasta tale, l’evoluzione della vita sul nostro pianeta sarebbe stata molto diversa.

Solo 30 milioni di anni fa le varie specie di graminacee hanno cominciato a colonizzare diversi ambienti ma in alcune zone hanno predominato le specie erbacce che hanno una fotosintesi più efficiente.

Proprio il territorio americano di cui parlavano a inizio articolo, è caratterizzato da grandi ed estese pianure e in questi luoghi sono letteralmente scomparse alcune specie arboree per il clima troppo freddo ed eccessivamente secco.

Al loro posto si sono sviluppate erbe selvatiche più resistenti e capaci di sopravvivere alla scarsità idrica.

La situazione cambia quando c’è invece la diffusione dei prati erbosi, perché questo favorisce l’evoluzione delle specie erbivore che oggi dominano le steppe e le savane.

Ancora, la distribuzione delle poacee ha consentito all’uomo di cibarsi di una grande varietà di cereali e di disporre di strumenti per nutrire in modo naturale il bestiame da allevamento.

Insomma senza l’erba, la diffusione dell’essere umano in maniera così rapida sarebbe stata molto più difficile e ancora oggi le zone erbose contribuiscono in maniera fondamentale alla nostra sopravvivenza e sono una buona arma contro il riscaldamento globale.

Nonostante ciò, queste zone sono trascurate e stanno scomparendo, così come le foreste di tutto il mondo.

Non possiamo fare a meno dell’erba

Riassumendo, l’erba è importante e se vogliamo combattere la crisi climatica che già adesso è letale a livello umano ma disastrosa anche a livello economico, dobbiamo cessare di immettere carbonio nell’atmosfera.

Le misure su cui dovrebbero incentrarsi i governi sono le restrizioni in merito alle attività che aumentano la concentrazione di questo elemento chimico.

Gli ecosistemi presenti in natura fortunatamente, sulla Terra sono in grado di catturare l’anidride carbonica ma se si continua con questa intensa attività di deforestazione, la situazione peggiorerà.

Le capacità di contrasto all’anidride carbonica sono proprie anche dei prati domestici, anzi sono dei formidabili serbatoi di carbonio come dimostrato da alcuni studi in materia.

I prati sono utilissimi anche in termini di adattamento, ovvero come argine ad alcune ricadute della crisi climatica, come le alluvioni di cui recentemente si sente molto parlare.

Un terreno erboso ben radicato assorbe l’acqua e questo è importante per ridurre l’intensità delle inondazioni, inoltre in tal modo l’erba contrasta l’erosione del suolo, altro fattore che concorre nella crisi climatica.

L’armonia dei prati

Tornando alla notizia di inizio articolo, allora per quale motivo Las Vegas ha intrapreso una battaglia contro i tappeti erbosi? Semplice, perché non tutti i prati sono uguali.

Quelli più curati, come ad esempio i campi sportici, sono caratterizzati da poche specie ma queste richiedono molta acqua perché sensibili alla siccità.

Queste piante hanno radici poco profonde e quindi è semplice rimuoverle ma più che altro, offrono una minore fissazione di carbonio al suolo e dato che sono specie invasive, prelevano a discapito di altre varietà.

In conclusione, i prati curati quelli con meno biodiversità e richiedono anche molti pesticidi.

Vegetazione
Vegetazione – Nanopress.it

Il prato selvatico ha caratteristiche completamente opposte, si tratta infatti di veri ecosistemi con tante specie vegetali ma anche microbiotiche e animali.

La crisi climatica si è fatta molto forte soprattutto nell’estate appena conclusa, caratterizzata da una fortissima siccità e questo non ha solo causato il prosciugamento di fiumi ma anche il collasso delle colture e lo sterminio di ampie zone erbose.

In questa condizione estrema, i prati più curati sono quelli che sono morti per primi, mentre le zone più antiche e incolte hanno resistito in modo migliore.

Dunque, è vero che gli ecosistemi sono alleati alla lotta contro la crisi climatica ma è anche vero che le zone erbose più resistenti sono quelle che tendiamo a sacrificare per trovare nuove terre di coltivazione o di pascolo.

La soluzione

Il consiglio è quello di recuperare specie native più adatte a sopravvivere a climi caldi e capaci di resistere alle stagioni rigide.

Un gruppo di ricerca britannico ha studiato anni fa, una specie ibrida in grado di filtrare acqua in maniera eccellente, andando a combattere l’allagamento dato dalle alluvioni.

Ma combattere la crisi climatica significa ben altro, un vero e proprio cambio di sguardo, quindi dobbiamo abituarci alla scomparsa del simbolico prato all’inglese in favore di prati con più specie.

Fra le più resistenti abbiamo la menta, la fragola, il timo e il trifoglio. Questi prati diventeranno bruni in inverno, entrando in una fase dormiente ma saranno ricchi di microrganismi.

La bellezza è minore rispetto ai parametri a cui siamo abituati ma la scelta è decisamente più sostenibile.

Più che decisioni drastiche come quella di Las Vegas però, ci sarebbe bisogno di una maggiore consapevolezza del fatto che il prato sempreverde è costoso e insostenibile.

 

 

 

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