I vaccini anti-Covid possono dare vita a effetti collaterali di vario tipo. Tra questi i più comuni sono mal di testa, febbre, malessere generale, ma un dato oggi appare ormai certo: non tutti i sieri sono uguali, neanche in questo senso. Un recente studio ha cercato di capire proprio quali sono quelli che producono più reazioni avverse.
Quali sono i vaccini che producono più effetti collaterali? Una recente ricerca si è occupata di capirlo, sfruttando però un protocollo comune, cosa che ad oggi rappresenta un unicum nel panorama scientifico.
Gli effetti collaterali dei vaccini anti-Covid
C’è una schiera di persone che crede che i vaccini possano avere più effetti collaterali che benefici. Senza arrivare a generalizzare e ad estremizzare la faccenda – come nel caso di quelli comunemente No-Vax, che in questi mesi non sono mai passati inosservati – c’è da dire che sì, anche i vaccini possono avere effetti indesiderati, come del resto accade a tutti i farmaci esistenti nel mondo praticamente. Ma no, non sono tutti uguali, dipende tutto dal tipo somministrato.
Attualmente esistono in tutto sette diversi vaccini – contando però anche quelli meno diffusi come lo Sputnik (quello russo) e il CoronaVac (quello cinese) – e non tutti sono basati sugli stessi principi, ma tutti hanno un minimo comune denominatore: le inoculazioni sono ben tollerate dai pazienti, volendo fare un discorso globale.
Ecco che uno studio condotto dall’Istituto Humanitas di Rozzano con l’hospital Clinica Nova di Monterrey in Messico e la fondazione hospital San Francisco Xavier in Brasile e pubblicato su Frontier in Immunology, ha voluto metterli a confronto, cercando di soffermarsi soprattutto su possibili effetti collaterali.
Gli effetti collaterali dei vaccini anti-Covid
La prima cosa da dire che è che lo studio ha coinvolto diverse nazioni, tra cui l’Italia, ma anche il Brasile, il Messico, l’Argentina. Il team di studiosi ha preso in esame un gruppo di circa 2mila persone, tutti volontari dipendenti del gruppo Techint e ha analizzato, sfruttando l’intelligenza artificiale per la prima volta, sette sieri e cioè Moderna, Pfizer, Sputnik, CoronaVac, AstraZeneca, Cansino e Janssen. Ognuno dei volontari ha fatto un prelievo di sangue subito dopo la prima dose, subito dopo la seconda, poi 21 giorni dopo, 3 mesi dopo, 6 mesi dopo e un anno dopo.
Fermo restando che l’analisi risale a prima dell’avvento di Omicron, il team ha analizzato i campioni tenendo conto anche delle informazioni generali dei pazienti, tra cui peso, altezza, Bmi, presenza di comorbidità. Come ha affermato Maria Rescigno, docente di Patologia generale e prorettore vicario di Humanitas University: “Per uniformare tutte le informazioni abbiamo utilizzato strumenti di intelligenza artificiale. Ci siamo fermati ai dati raccolti l’anno scorso, prima dell’arrivo della variante Omicron. E abbiamo finora elaborato le informazioni ottenute con il prelievo di sangue a circa un mese dalla seconda dose. Ma adesso lo studio va avanti e potremo avere risposte molto interessanti anche sulla protezione che i sieri possono offrire dall’infezione. Nel frattempo, sono anche intervenute le terze dosi, e in certi casi con vaccino diverso da quello delle prime due. Stiamo raccogliendo anche queste informazioni”.
Ma cos’è emerso dalla ricerca? In primis, la prima cosa che dovrebbe tranquillizzare la popolazione è che tutti i vaccini inducono una buona risposta anticorpale, che significa che tutti loro riescono comunque a proteggere le persone dal virus, nel senso che scongiurano la comparsa di sintomi molto seri. In secondo luogo, però, parlando di reazioni avverse, quello che si evince dalla ricerca è che i vaccini a mRna provocano effetti collaterali peggiori. Tra questi ricordiamo febbre, mal di testa, malessere generale e quello che è importante sottolineare è che più è alta la risposta anticorpale del siero, più questi tendono a comparire. Che, tradotto, significa che più un vaccino funziona – nel senso che assolve al suo compito – più potrà portare alla comparsa di effetti indesiderati. Tra questi, i più efficaci sono stati Pfizer e Moderna, mentre il meno efficace in assoluto è CoronaVac.
Per arrivare a queste conclusioni comunque il team di ricercatori ha dovuto mettere a punto un protocollo comune che permettesse di analizzare i dati provenienti da tutti i Paesi coinvolti e questo è il primo studio simile che uniforma metodi di studi. Quindi questo rappresenta ad oggi un vero e proprio unicum.