Tra i ministri finiti più nel mirino di opposizioni (e non solo) del governo presieduto da Giorgia Meloni c’è sicuramente Carlo Nordio, il titolare della Giustizia. Se prima a far storcere il naso ad alcuni, compresi i suoi ex colleghi magistrati, erano state le sue posizioni in merito alle intercettazioni, e successivamente come ha gestito il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico recluso in regime di 41 bis, adesso c’è la questione che riguarda l’evasione dai domiciliari di Artem Uss, l’imprenditore russo, figlio di un uomo molto vicino a Vladimir Putin, su cui pendono diversi capi d’accusa negli Stati Uniti.
In un primo momento, la presidentessa del Consiglio aveva difeso a spada tratta il suo ministro dando le colpe dell’evasione, in un certo qual senso, ai magistrati della procura di Milano che avevano scelto per Uss i domiciliari, adesso è la stessa Meloni che vorrebbe chiarire la posizione di Nordio, anche perché dal Paese a stelle e strisce sono arrivate dalle accuse pesanti per l’Italia.
Da Addis Abeba, la capitale dell’Etiopia, la difesa di Giorgia Meloni, la prima presidente del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana, nei confronti di Carlo Nordio, il ministro della Giustizia già finito in passato nel mirino delle opposizioni e dei suoi ex colleghi magistrati, non è più sicura come un tempo.
Dopo le contro accuse al titolare del dicastero di via Arenula da parte dei giudici di Milano nel merito dell’evasione dai domiciliari di Artem Uss, l’imprenditore russo ricercato negli Stati Uniti per associazione per delinquere, truffa e riciclaggio e che il giorno prima della fuga dalla sua casa – era il 22 marzo – a Basiglio aveva ricevuto l’ordine di essere estradato nel Paese a stelle e strisce, la linea della premier è quella di voler fare chiarezza sul ruolo avuto dal Guardasigilli nella vicenda.
Nel merito, nonostante il problema per Palazzo Chigi sia dovuto (ancora) al fatto che i magistrati della procura milanese non avessero scelto misure più restrittive – era sì, ai domiciliari, ma aveva anche l’obbligo del braccialetto elettronico – per limitare la libertà del russo, per altro molto vicino a Vladimir Putin, in attesa che venisse spedito negli Usa, Meloni, nella sua trasferta nell’ex colonia, ha detto ai cronisti che si deve capire se effettivamente dal ministero siano partite degli avvisi per richiederle, queste misure rafforzate di coercizione.
“È questo che va capito meglio, ma su questo non ho risposte da darvi“, ha spiegato Meloni, che tradotto dal linguaggio della premier significa che per fare luce su quanto successo ci saranno dei colloqui con Nordio, come già successo per il caso di Andrea Delmastro Delle Vedove e le esternazioni (poco felici, almeno per il Partito democratico) di Giovanni Donzelli alla Camera per quanto riguarda le frequentazioni di Alfredo Cospito, l’anarchico in regime di 41 bis che stava portando avanti la sua battaglia per la revoca dell’istituto attraverso lo sciopero della fame.
A pesare c’è la lentezza del ministro, che ha aspettato 21 giorni – dal 21 marzo al 13 aprile – per avviare un’indagine conoscitiva sul caso, ma anche e soprattutto, secondo quanto hanno lamentato dalla Corte d’appello di Milano dopo l’attacco della premier, che all’attenzione dei magistrati non siano arrivate le segnalazioni del Dipartimento di giustizia statunitense, mandate proprio al ministero di cui Nordio è titolare, che mettevano in allerta su una possibile fuga di Uss già il 29 novembre.
Ma c’è anche dell’altro a rendere ancora più spinosa la vicenda che riguarda l’evasione dai domiciliari di Uss, ed è il ruolo che hanno avuto i servizi segreti, di casa nostra e non solo. Meloni, sempre ieri, ha chiarito che “non eravamo informati a livello di intelligence sulla natura della figura“, infatti, non tutti i russi presenti in Italia sono da considerarsi come degli “obiettivi sensibili” e, secondo quanto fatto arrivare a Palazzo Chigi dall’Aisi e dall’Aise, rispettivamente gli 007 interni e per l’estero, né l’Fbi, né la Cia, né i servizi segreti di altri Paesi, avevano segnalato il soggetto come una spia.
Scongiurato il danno diplomatico almeno in questo senso, la chiacchierata della premier con Nordio servirà se non altro per prendere tempo con gli Stati Uniti, cercando di evitarne di più grossi, di incidenti, con gli alleati, piuttosto sensibili sulla Russia, specialmente dopo l’invasione voluta dal leader del Cremlino in Ucraina, su cui Meloni, esattamente come Mario Draghi in precedenza, si è sempre schierata dalla parte della Nato e di quella di Joe Biden.
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