L’ultima bufera che ha coinvolto Donald Trump dopo le accuse di molestie sessuali e i suoi (soliti) insulti sessisti ha scoperchiato il vaso di Pandora su Twitter, dove con l’hashtag #NotOkay la blogger Kelly Oxford ha invitato le donne e le ragazze a raccontare le loro storie di molestie sessuali o di discriminazione sessuale, dopo aver a sua volta accennato a quelle da lei subite. Lo scopo è fare riflettere sulla ”cultura dello stupro” sempre più dilagante e quotidiana, dove gli uomini si approcciano alle donne – che spesso subiscono in silenzio – in maniera violenta e con prepotenza, dove la violenza non è solo fisica e/o sessuale, ma anche verbale. In poche ore l’hashtag è stato usato da dieci milioni di utenti, e in pochi giorni oltre 27 milioni di donne, di tutte le età hanno twittato la loro esperienza per testimoniare la loro voglia di dire NO a tutto questo.
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Le donne hanno twittato le loro storie di aggressioni subite per ore ed ore di seguito, oltre 14, per una media di 50 tweet al minuto, come la stessa Kelly Oxford ha precisato:
L’autrice dell’hashtag ha poi monitorato l’andamento dei Tweet, che andava sempre crescendo, quando a un certo punto ha mandato questa immagine in cui spiega ‘Ho postato la mia esperienza di aggressione subita chiedendo alle altre donne di condividere le loro, pensando “se nessuno ne discute l’elimino” 9.7 milioni di persone però hanno risposto nel giro di poche ore.
Segno che nel mondo c’è una ”cultura della violenza” verso le donne molto diffusa. E anche in Italia l’hashtag ha cominciato a circolare:
Mentre il tenore dei racconti che si leggono è drammatico, gli episodi di aggressione, violenza o abusi ai danni delle donne sono tantissimi accadono anche in famiglia. C’è chi è stata violentata dal fidanzato, chi dal cugino, ma anche chi ha testimoniato semplicemente ”non è ok essere chiamata puttana quando chiedi a un uomo di smettere di guardarti il seno”.
Tina ha invece testimoniato di avere subito violenza ai tempi del Collage, dopo essere stata drogata e trascinata in un albergo mentre si trovava a Las Vegas con amici. E’ stata poi lasciata dal ragazzo che l’ha accusata di essere stata la responsabile.
”A 14 anni il mio patrigno abusava di me. E’ durato due anni prima che reagissi. A 18 anni ero senza casa, sono stata violentata in una tenda per 2 settimane e mezzo”, racconta l’utente che si firma Gas The Bronies.
Rebecca racconta di avere subito un’aggressione a scuola, quando aveva 15 anni. Un ragazzo le afferrò i seni strizzandoli, ”Ho nascosto i lividi e le lacrime”, twitta con l’hashtag NotOkay.
Quest’altra ragazza racconta che quando aveva 13 anni un suo compagno di classe le aveva alzato la gonna, così lei aveva reagito gridando e colpendolo, ma il professore le disse che non era bene inventarsi cose di questo genere, evidentemente dimostrando di non avere creduto alla ragazzina.
A riassumere il clima che si respira in tante parti del mondo cosiddetto civile, c’è quest’altra utente, Rabia Parker, che scrive: “Quando hai persino paura di guardare un uomo direttamente negli occhi perché sei terrorizzata che possa aggredirti. Questa è la cultura dello stupro, e non è ok”
E un uomo, nel coro delle tate donne vittime di violenza sessista, scrive: “Questi tweet su #notokay mi spezzano il cuore. Come padre di due ragazzi, faccio un appello a tutti i papà del mondo, affinché allevino una nuova generazione di uomini onesti!”
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