L’Afghanistan sta vivendo un momento durissimo che mostra un’estrema crisi politica ed economica appesantita ancor di più dalla crisi sociale e soprattutto un accanimento feroce nei confronti delle donne. Tutto ciò è peggiorato in maniera repentina da quando le truppe statunitensi hanno lasciato il territorio afghano. Nelle scorse ore è emersa la notizia dell’arresto dell’attività Wesa che si batteva da moltissimi anni contro l’analfabetismo infantile e femminile dando supporto alle ragazze nello studio. Tutto a titolo gratuito e per rendere un servizio al proprio paese assieme al gruppo che ha fondato di volontari a sostegno delle donne afghane. Gli appelli per la sua liberazione stanno aumentando sempre più.
La condizione della donna e il suo peggioramento ha attirato ammonizioni, critiche e azioni sanzionatorie da parte delle autorità internazionali, ma il governo dei talebani ha iniziato un processo ben ponderato, che ha il preciso scopo di riportate l’Afghanistan in un clima dittatoriale dove prevalgono le leggi morali islamiche e dove la donna è volutamente tenuta sottomessa e non è visto di buon occhio che abbia ambizioni e aspirazioni così come semplici opinioni, che erano diventate routine durante la convivenza sul territorio con gli Usa.
Da quando i talebani hanno ripreso il controllo dell’Afghanistan è emerso un chiaro piano, già predefinito, per riportare la donna alla condizione pre occupazione Usa ovvero limitata e privata di ogni diritto.
La donna afghana non può recarsi nei negozi, nemmeno in caso di emergenza se non accompagnata da un uomo membro stretto della famiglia. È vietato alle cittadine afghane, frequentare palestre e piscine, ma anche parchi pubblici e Luna Park ma ciò che ha gettato nella disperazione il genere femminile sono stati il divieto di lavoro presso Le ONG, sia nazionali che internazionali e il divieto di istruzione. Con il divieto di lavoro si tocca un ambito che va inevitabilmente a peggiorare la possibilità di tantissime donne afghane, rimaste vedove dai combattimenti dei propri mariti reclutati dai talebani di aiutare i figli e la famiglia sopravvivere. Un’azione ritenuta crudele dalle autorità internazionali e moltissime associazioni e attivisti, sì sono uniti per chiedere alle autorità internazionali di intervenire seriamente, in una situazione che sta gettando nel baratro il genere femminile afghano.
Quando è stato introdotto il divieto di istruzione femminile, le donne e le studentesse hanno chiaramente mostrato il proprio dissenso per una mossa ritenuta crudele, che va a privare anche il Paese stesso di una fascia di professioniste ben formate dagli stessi accademici afghani.
L’impedire alle donne afghane di studiare è stato attaccato in maniera pesantissima ma i talebani hanno ribadito anche di recente, che le donne sono escluse dalle iscrizioni alle scuole superiori alle università ma si apprende che anche riguardo alle scuole medie la situazione è complicata.
La comunità globale ritiene che il diritto all’istruzione sia uno di quelli fondamentali e che non possa essere usato come arma di ricatto, nei confronti delle donne afghane, che non sono colpevoli di nulla se non di voler completare un percorso accademico prezioso, che va tutelato come bene del paese e non respinto come le autorità talebane invece stanno continuando a fare.
Opporsi alle decisioni dei talebani significa subire punizioni corporali e abusi fisici che possono essere attuati anche in pubblico, dato che sono state reintrodotte le esecuzioni e le punizioni pubbliche sotto invito diretto presso la propria abitazione inviato dai talebani.
Un alto funzionario statunitense ha precisato che i talebani devono liberare gli attivisti afghani detenuti arrestati durante le manifestazioni in solidarietà di un sostenitore dell’istruzione femminile arrestato dai talebani ovvero Wesa.
Nella giornata di mercoledì 29 Marzo si è notato un aumento delle richieste rivolte ai talebani per chiedere la liberazione di un attivista, che sì prodigato per sostenere l’istruzione al genere femminile ed ha così escogitato un metodo per fornire libri di testo e supporto alle studentesse afghane private della possibilità di frequentare gli edifici scolastici. Man mano che la problematica aumentava in Afghanistan, Wesa ha individuato un modo per poter arrivare in diverse località ovvero lo ha fatto a bordo di una scuola mobile, con la quale ha raggiunto numerosissime studentessa dando loro aiuto e supporto.
L’ arresto dell’attivista è stato eseguito all’inizio di questa settimana Kabul, per volere dei talebani e ancora non è nota la pena detentiva attribuita e le accuse ricevute effettivamente.
Matiullah Wesa che ha per l’appunto il fondatore presidente di Pen Path ha formato questo gruppo non governativo che viaggia attraverso l’Afghanistan con una scuola mobile ed una biblioteca mobile nonostante i rischi corsi per assicurare a chi avesse ancora il desiderio di studiare e approfondire il proprio percorso accademico di poterlo fare anche a casa propria utilizzando i libri da lui forniti.
Wesa è stato molto chiaro nel fare le sue richieste affinché le donne abbiano il diritto di andare a scuola e di imparare e chiesto in maniera ripetitiva al governo talebano di ripristinare il diritto allo studio delle ragazze che, ad oggi, oltre la prima media non vedono garantito il proprio diritto primario all’istruzione.
La motivazione che fu fornita non appena e stato reso pubblico dal governo talebano che avrebbero vietato l’ingresso alle donne nelle scuole è ricaduto nel fatto che nel credo islamico e nelle leggi della Sharia, seguite rigorosamente dai talebani il genere femminile quello maschile non può mescolarsi e, pertanto, gli edifici, sia scolastici che di diversa natura, hanno bisogno di essere suddivisi in maniera da tenere donne e uomini separati. Questo giustificato dal fatto che sono arrivate numerose lamentele al governo da parte di afghani conservatore e le autorità non possono ignorare questo campanello d’allarme.
Numerose testimonianze raccontate anche dall’incaricata statunitense per l’Afghanistan Karen Decker hanno rivelato che molte persone sono state arrestate mentre protestavano pacificamente a sostegno delle loro idee, aspirazioni e obiettivi. Anche l’ex presidente afghano Hamid Karzai ha esternato Il suo dispiacere nell’apprendere dell’arresto di Wesa.
Secondo i rapporti locali le forze di sicurezza talebane hanno tratto in arresto Wesa al ritorno da un viaggio in Europa. Non è stato però precisato dai talebani dove si è detenuto, quale sia il motivo del suo arresto e per quanto tempo abbiano intenzione di tenerlo in detenzione.
Il direttore delle pubblicazioni presso il ministero dell’Informazione e della Cultura ha espresso invece il proprio parere favorevole alla detenzione dell’uomo ed ha riferito che: “Le sue azioni erano sospette e il sistema ha il diritto di chiedere spiegazioni a queste persone. È noto che l’arresto di un individuo ha causato una reazione così diffusa che è stata impedita una cospirazione”.
Il fratello del detenuto Attaullah Wesa ha spiegato che martedì 28 Marzo i talebani hanno circondato la casa, si sono scagliati e hanno picchiato i membri della famiglia e confiscato inoltre il cellulare di Matiullah.
In sostegno dell’uomo è nato anche un hashtag da parte degli attivisti che utilizzano i social media per richiamare attenzione e chiedere una campagna per il rilascio di Matiullah Wesa. Il post emersi ovviamente condannano la detenzione dell’uomo e ne chiedono l’immediato rilascio.
Wesa e altri membri del Pen Path hanno ideato una campagna con lo scopo di promuovere l’istruzione delle ragazze è lo stesso attivista ora detenuto ho precisato in merito che: “Facciamo volontariato da 14 anni per raggiungere le persone e trasmettere il messaggio per l’istruzione delle ragazze. Negli ultimi 18 mesi abbiamo condotto una campagna casa per casa per eliminare l’analfabetismo e porre fine tutte le nostre miserie.”
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