Nella notte si sono scatenate nuove proteste in molte città israeliane e in particolare a Tel Aviv, le manifestazioni sono partite nel momento in cui Ami Eshed, capo della polizia, ha deciso di annunciare le sue dimissioni.
Il capo della polizia si è dimesso in seguito ai continui contrasti con Itamar Ben-Gvir, ministro della Sicurezza che più volte lo ha accusato di essere troppo morbido nei confronti dei manifestanti che scendono in piazza contro la riforma di giustizia avanzata da questo nuovo governo.
Ami Eshed, capo della polizia di Tel Aviv, ha deciso ieri di dimettersi in seguito ai contrasti che si sono creati con Itamar Ben-Gvir.
Itamar Ben-Gvir è il ministro della Sicurezza e ha accusato Ami Eshed di essere troppo morbido nei confronti delle persone che in questi mesi sono scese a protestare nelle piazze di Tel Aviv.
Le manifestazioni create dalla popolazione sono contro il progetto di riforma della Giustizia che è stato promosso dall’attuale governo guidato Netanyahu.
A seguito delle dimissioni del capo della polizia le proteste dei manifestanti si sono intensificate e registrate in almeno 30 città israeliane.
La più importante manifestazione avvenuta tra la notte di mercoledì, 5 giugno 2023, e giovedì, 6 luglio 2023, si è vista proprio a Tel Aviv.
In tutta la nazione sono stati registrati scontri tra manifestanti e polizia. La polizia per poter disperdere le persone ha scelto di utilizzare agenti a cavallo e idranti nella zona di Ayalon Highway, un’importante autostrada intraurbana che era stata bloccata dalla protesta.
Israele al momento è guidato dal governo più di estrema destra che la storia abbia mai visto nella nazione e Benyamin Netanyahu ne è la guida.
Nei mesi scorsi ha lanciato una nuova riforma giudiziaria che ha creato polemiche, proteste e manifestazioni in tutta la nazione.
Il testo presentato dal governo è visto come un modo per minare l’impianto democratico di Israele.
A creare scalpore sono soprattutto tre delle riforme proposte che troviamo all’interno della riforma giudiziaria e che inevitabilmente vanno ad indebolire l’indipendenza attuale della Corte suprema israeliana legandola ad un controllo politico.
La prima modifica proposta permette alla Knesset, ossia il parlamento, di poter ribaltare una decisione presa dalla Corte suprema con una semplice maggioranza che deve arriva a 61 voti favorevoli sui 121 seggi.
Una mossa molto agevole per la destra che al momento ha dalla sua parte ben 64 seggi e questo le permetterebbe di ribaltare una qualsiasi decisione presa dalla Corte suprema.
La seconda proposta avanzata impedisce alla Corte di poter rivedere e controllare la legalità delle leggi fondamentali ossia quei provvedimenti che nel paese vengono considerati pari alla Costituzione e sono la base della legislazione.
Questo perché la seconda riforma eliminerebbe la Corte suprema di questo tipo di potere.
La terza riforma avanzata è invece quella che riguarda le modalità con cui vengono scelti i giudici che rientrano nel tribunale supremo di Israele.
Attualmente i giudici vengono scelti da un panel indipendente che viene realizzato con figure politiche e giudici già in servizio presso la Corte.
Questa nuova riforma invece darebbe maggior potere al governo e questo andrebbe ad eliminare completamente il principio di parità, perché sarebbe il governo stesso a decidere quali sarebbero i magistrati a rientrare nella Corte suprema.
La riforma oltre a rappresentare un rischio perché minerebbe l’autorità della Corte suprema che sarebbe direttamente controllata dal governo, permetterebbe anche la creazione di leggi ad personam che permetterebbero all’attuale capo di governo di scagionarsi nei processi in cui è coinvolto.
Inoltre permetterebbe l’attuazione di nuove leggi che portino ad ulteriori strette sulla popolazione palestinese nei territori attualmente occupati.
Da tempo Netanyahu e altre forze politiche accusano la Corte suprema di perseguire il capo di governo per ragioni politiche, ma non solo gli unici. Gli ultra-ortodossi temono che la Corte possa rimettere mano a privilegi come l’esenzione dalla leva obbligatoria.
In tutto il Paese perciò da mesi sono migliaia le persone che scendono a manifestare nelle piazze contro questa riforma giudiziaria.
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