L’Afghanistan vive un momento estremamente complicato sotto il regime talebano, tra crisi economica, negazione dei diritti e repressione culturale. Il Paese è stretto nella morsa di una profonda recessione che sta mettendo in ginocchio la popolazione, provata da povertà dilagante, carestie e mancanza di servizi essenziali. Ma i Talebani, tornati al potere nell’agosto 2021, non sembrano affatto intenzionati ad aprire al dialogo e moderare le proprie posizioni radicali ed integraliste.
Ancora una volta sono le donne a pagare il prezzo più alto, private di ogni libertà e diritto, contro a qualsiasi principio di uguaglianza di genere. Ora nel mirino dei Talebani è finita anche la musica, bandita come immorale.
Nonostante questo clima di terrore e oscurantismo, il governo talebano è riuscito ad avviare colloqui con gli Stati Uniti in Qatar, anche se le aspettative di una svolta restano scarse. La comunità internazionale appare divisa tra la tentazione di isolare il nuovo corso integralista di Kabul e la necessità pragmatica di evitare che l’Afghanistan sprofondi nel caos più totale.
Tra i nuovi divieti dei talebani è stata introdotta la musica
Da quando sono tornati al potere nell’agosto 2021, i talebani hanno rapidamente reintrodotto le dure restrizioni alla vita delle donne che avevano caratterizzato il loro precedente regime negli anni ’90. Le donne afghane sono state nuovamente rinchiuse in un sistema di apartheid di genere, che nega loro libertà e diritti fondamentali.
In poco tempo, le donne sono state escluse dalla maggior parte dei lavori pubblici e dall’accesso all’istruzione superiore. L’obbligo di indossare il burqa integrale è stato reintrodotto, così come il divieto di viaggiare senza un accompagnatore maschio. Le attiviste per i diritti femminili sono state prese di mira, arrestate o costrette alla fuga all’estero.
Matrimoni precoci e forzati sono tornati a essere la norma, con ragazze anche giovanissime promesse in spose senza il loro consenso. In generale, le donne sono state relegate nuovamente a un ruolo di sottomissione domestica, senza alcuna autonomia o possibilità di emancipazione.
Queste restrizioni hanno fatto ripiombare le donne afghane nel buio dell’integralismo talebano, cancellando in pochi mesi i passi avanti compiuti in 20 anni di presenza occidentale nel Paese. Una regressione che dimostra la natura fondamentalista del nuovo regime di Kabul.
Oltre alle restrizioni su spostamenti e abbigliamento, le donne afghane sono soggette anche a dure punizioni corporali per “violazioni” dei codici di condotta imposti dai talebani. Frustate e percosse pubbliche sono tornate a far parte dell’arsenale repressivo del regime afghano al potere per intimorire la popolazione femminile.
L’accesso all’istruzione è stato fortemente limitato. Alle ragazze è proibito frequentare le scuole secondarie, mentre l’università è preclusa a tutte le donne. Questi divieti hanno suscitato proteste che sono state brutalmente represse, alimentando la tensione.
Inoltre, alle donne è stato impedito di lavorare per ONG e organizzazioni umanitarie, fondamentali in un Paese dipendente dagli aiuti internazionali. Questo sta privando la popolazione di servizi essenziali in vari campi, dalla salute all’istruzione.
Le durissime restrizioni talebane stanno soffocando le donne afghane e annullando i passi avanti compiuti in due decenni sul fronte dell’emancipazione femminile. Una regressione inaccettabile agli occhi della comunità internazionale.
I talebani hanno compiuto un gesto simbolico per ribadire la stretta contro la musica, considerata immorale dal regime integralista. Nella provincia di Herat, gli agenti di sicurezza talebani hanno organizzato un falò dove hanno bruciato strumenti musicali confiscati in precedenza.
“La musica provoca corruzione morale e porta i giovani sulla cattiva strada” ha dichiarato Aziz al-Rahman al-Muhajir, capo del dipartimento per la promozione della virtù e prevenzione del vizio.
Chitarre, strumenti a corda, un armonium, un tamburo tabla e attrezzature per l’amplificazione per un valore di diverse centinaia di dollari sono state date alle fiamme, tra lo sgomento della popolazione.
Il rogo degli strumenti conferma la stretta dei talebani sulla libertà di espressione e denota il controllo che il governo vuole avere sul popolo la musica è vietata in pubblico insieme ad altre forme di intrattenimento giudicate contrarie all’interpretazione integralista dell’Islam imposta dal regime. Un ulteriore segnale repressivo e di oscurantismo culturale.
La situazione economica e geopolitica dell’Afghanistan sotto il regime talebano
Nonostante la gravissima crisi umanitaria, con 28 milioni di afghani dipendenti dagli aiuti, i talebani possono contare su fonti di finanziamento e cooperazione economica alternative ai Paesi occidentali.
Stati come Cina, Russia, Iran e Pakistan hanno forti interessi geopolitici ed economici a sostenere il regime talebano, anche a costo di chiudere gli occhi sulla sua natura violenta e repressiva.
Pechino vuole includere Kabul nella Belt and Road Initiative e sfruttare le risorse minerarie afghane. Russia e Iran hanno motivazioni geopolitiche che le porta ad avvicinarsi ai talebani. Pakistan e Turkmenistan mirano a cooperazioni energetiche tramite gasdotti.
I Paesi confinanti puntano ad un Afghanistan stabile per controllare il terrorismo transfrontaliero, data la storia di legami tra talebani e jihadisti regionali.
Pur tra molte difficoltà, il regime sembra abbastanza resiliente da gestire uno Stato e resistere alle pressioni occidentali. Può contare su entrate sufficienti dall’estero per sopravvivere, se non prosperare.
La comunità internazionale appare quindi divisa tra isolamento e pragmatismo nel rapporto con i talebani.
Molti leader talebani considerano il riconoscimento internazionale un loro diritto negato e una questione di principio, oltre che politica. Si sentono trattati ingiustamente nonostante la vittoria militare e i risultati degli ultimi due anni. Per loro il riconoscimento ha anche una valenza emotiva.
La promessa del riconoscimento da parte della comunità internazionale è uno strumento rischioso, che potrebbe rafforzare l’ala radicale dei talebani favorevole all’isolazionismo. Alcuni ritengono che l’isolamento li renda più forti e preferiscono evitare i vincoli internazionali in termini di antiterrorismo e controllo frontiere.
La comunità internazionale appare divisa e il riconoscimento non è sul tavolo nell’immediato. Servono approcci nuovi per relazionarsi con i Talebani, non solo pressioni.
I colloqui con le autorità statunitensi nonostante siano una buona notizia che fa emerge la volontà delle autorità di trovare una soluzione, ma dall’altro lato fa chiaramente notare le profonde differenze e i disaccordi ancora presenti che sembrano non raggiungere un punto in comune da dove poter partire per riequilibrare le relazioni tra talebani in Afghanistan e Stati Uniti.