Uno dei temi ambientali più spinosi affrontati nel dibattito pubblico in Occidente ha a che fare con l’olio di palma e i prodotti che utilizzano tale sostanza, in particolare per le conseguenze che tali coltivazioni, soprattutto nel sud-est asiatico, generano in termini di perdita di suolo ed habitat naturale per le specie locali di flora e fauna. Recentemente la polemica aveva coinvolto anche l’Italia, e in particolare la celebre Nutella attaccata da un ministro francese con un eccesso di disinvoltura che l’ha costretta ad un dietrofront nel giro di 24 ore. Tuttavia il problema rimane sul piatto, ma rinunciare ai prodotti con olio di palma potrebbe avere un impatto ancora più negativo dal punto di vista ecologico, come spiega la Rspo, organizzazione non governativa che propone un olio di palma certificato e sostenibile per minimizzare l’impatto delle produzioni sul pianeta.
All’interno della Rspo, Roundtable on Sustainable Palm Oil, vi sono numerose associazioni ambientaliste tra cui il Wwf, quindi non è sospetta di interessi filo-capitalisti: allora perché dire no ai prodotti con olio di palma potrebbe essere un danno ancora maggiore? Come spiega l’organizzazione in un comunicato, ‘ad oggi, la palma da olio contribuisce in maniera significativa a soddisfare la domanda globale di olio, garantendo una quota pari al 40 per cento dei consumi mondiali. La domanda di olii e grassi vegetali è in continuo aumento da oltre dieci anni, a un tasso medio del 5 per cento annuo‘: stando così le cose, sostituire di colpo l’olio di palma con altri oli vegetali a resa più bassa, potrebbe comportare a parità di volumi un consumo ancora maggiore di suolo. Inoltre, se l’Europa e l’Occidente in genere davvero decretassero per legge lo stop all’olio di palma, significherebbe dirottare l’esportazione verso Cina e India, attualmente i maggiori mercati di sbocco, senza che vi sia un effettivo controllo sulla sostenibilità.
La sola soluzione realmente praticabile è quindi l’introduzione di uno standard di sostenibilità, come quello certificato dalla Rspo e composto da 38 diversi parametri sociali, economici e ambientali. In buona sostanza con tale certificazione si garantisce il necessario approvvigionamento derivante dalla domanda globale nel rispetto dell’ambiente, mediante l’utilizzo di terreni che non sono stati oggetto di deforestazione. La Rspo vorrebbe raggiungere entro il 2020 l’ambiizoso obiettivo di arrivare al consumo del 100 per cento di olio di palma certificato sostenibile in Europa: ‘Ovunque si parli di olio di palma, si dice che fa male all’ambiente. Rspo sta invece lavorando per rendere compatibile la coltivazione della palma con la tutela ambientale. Dal 2004, quando la Rspo è nata, ad oggi, abbiamo ottenuto risultati importanti, ma abbiamo di fronte a noi ancora molte sfide importanti per raggiungere pienamente il nostro obiettivo. L’indicazione obbligatoria dell’utilizzo di olio di palma nell’etichetta dei prodotti alimentari, rappresenta un’opportunità da cogliere lungo l’intera catena di distribuzione per dare valore alla produzione sostenibile. Perché la sostenibilità è l’unica possibile soluzione all’impatto ambientale causato dalla coltivazione della palma da olio‘. Attualmente la certificazione Rspo è il principale attestato di sostenibilità al mondo, e ricopre il 20 per cento dell’olio di palma prodotto nel mondo, con numeri in crescita grazie anche ad un fondo per sostnere i piccoli coltivatori di molti Paesi del sud-est asiatico. Meglio dire sì all’olio di palma, purché certificato.
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