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A parlarci delle ricerche chimico-fisiche delle Extremely Diluted Solutions (EDS), ossia delle soluzioni ultra diluite utilizzate in Omeopatia è Vittorio Elia, chimico fisico esperto dell’argomento dato che ha trascorso quasi tutti i suoi 52 anni di vita professionale proprio allo studio dell’acqua, pubblicando oltre 50 lavori scientifici sul tema in varie riviste internazionali. L’acqua, componente fondamentale per le diluizioni omeopatiche, “è l’elemento più studiato al mondo ma resta ancora il più misterioso, ed è incredibilmente affascinante e sorprendente”, dichiara Elia, che ci ha spiegato perché non è corretto pensare che l’omeopatia non abbia alcuna efficacia.
Vittorio Elia non è un ricercatore dell’ultima ora, già docente di Elettrochimica all’Università Federico II di Napoli, Elia ora si dedica con passione agli studi sull’acqua trasferendo nelle sue ricerche l’esperienza decennale di studi sulla termodinamica delle soluzione acquose di molecole di interesse biologico.
Il ricercatore ha così potuto indagare sulle “caratteristiche chimico fisiche dell’acqua trattata, per esempio con i protocolli della medicina omeopatica, ma non solo. Ho voluto capire insomma come l’acqua reagisce a certi stimoli di natura fisica di bassa entità energetica”. GUARDA QUI IL VIDEO
Il motivo ce lo racconta lo stesso Elia: “Circa 20 anni fa, quando mi è capitato di imbattermi nell’acqua prodotta con i metodi omeopatici, mi sono chiesto: ‘ma questi sono matti’? Non solo diluiscono al punto che non rimane più il principio attivo ma buttano via anche l’acqua che è servita allo scopo facendola evaporare. Ero molto sorpreso ma non scettico, perciò ho provato a capire cosa accadeva. Da qui sono cominciati i miei studi sull’acqua pura, dai quali sono emerse tantissime proprietà e risposte agli stimoli esterni dell’acqua, assolutamente impensabili fino ad oggi, tutti misurabili con strumentazioni ortodosse”.
Per dirla con parole semplici, i risultati ottenuti dal prof. hanno mostrato che l’acqua risulta profondamente cambiata nelle sue caratteristiche. Per esempio “studiando gli effetti prodotti da membrane idrofile, sia sintetiche che naturali, sulla struttura sovramolecolare dell’acqua – spiega – sorprendentemente sono emerse cose del tutto nuove”.
Ad esempio: “Idratando la cellulosa e facendola poi asciugare abbiamo misurato le proprietà del liquido, quindi abbiamo iterato il processo, osservando una serie di cambiamenti delle proprietà chimico fisiche dell’acqua, ovvero cambia fortemente il Ph (di 2 ordini di grandezza), la conducibilità elettrica (fino a tre ordini di grandezza), la densità ecc. Il tutto fuori discussione sul piano della misurabilità – spiega Elia – E anche le diluizioni omeopatiche subiscono variazioni non solo di densità e conducibilità ma simulano anche le proprietà delle macromolecole biologiche. Tutto osservabile al microscopio”, sottolinea l’esperto, che prosegue: “prendendo una soluzione omeopatica ed eliminando il liquido per liofilizzazione, uno si aspetterebbe che non ci sia nulla, essendo ‘acqua fresca’. E invece, dopo la liofilizzazione compare un solido in quantità pesabili. Ciò potrebbe essere una delle nuove capacità dell’acqua che aiuta a capire perché si trasmettono eventuali proprietà terapeutiche delle soluzioni omeopatiche. Quando infatti il paziente mette in bocca il granulo, si scioglie il lattosio e saccarosio e quel solido sciogliendosi a sua volta entra nei liquidi biologici. Ciò accade anche quando, senza la liofilizzazione, il liquido ottenuto viene buttato nei granuli di lattosio e saccarosio, evapora e lascia nei granuli il suo ‘solido'”.
L’errore sta nel pensare che i prodotti omeopatici non servano a niente, dice Elia: “A chi dice che la medicina omeopatica vende ‘acqua fresca’ rispondiamo che è acqua pura, dal momento che il principio attivo non è più riscontrabile chimicamente”, ma non è più ‘la stessa acqua’. “Le diluizioni omeopatiche, da un punto di vista chimico non contengono alcuna molecola del principio attivo iniziale, ma si fa un errore metodologico quando si trae la conclusione che non possano funzionare. L’errore sta nel fatto che l’acqua non può essere trattata come un oggetto inerte, perché prende parte ai processi, come dimostrato da 50 pubblicazioni scientifiche. Ma queste proprietà – spiega ancora il ricercatore – sono talmente nuove che non vi è una teoria che riesce a metterle insieme. Sul piano sperimentale l’acqua che ha subito il trattamento omeopatico è un’acqua con proprietà chimico-fisiche completamente diverse, le più facilmente misurabili, un’acqua che ha mutato la sua struttura molecolare. Su questo piano siamo alla certezza più assoluta nel dire che questi procedimenti modificano l’acqua”, sostiene ammettendo poi: “ovviamente io mi fermo alle proprietà chimico-fisiche, il resto non spetta a me”.
La ricerca quindi prosegue, Elia annuncia i suoi progetti futuri: “Ci concentreremo sulla caratterizzazione, sul piano chimico, di questi solidi comparsi nei nostri studi, che apparentemente non dovrebbero esistere. Vorremo poter dire qual è la loro composizione chimica. Le possibilità di sviluppo possono essere infinite: potrebbe essere una banalità e diremo ‘abbiamo sbagliato’ o potrebbero rivelarsi composti non noti, il che significa che l’acqua ha acquisito capacità sconosciute. E’ la ricerca!”.
Infine Elia ci ha risposto su qual è il suo rapporto terapeutico con la medicina omeopatica: “Personalmente ritengo che di fronte a un attacco batterico siano necessari gli antibiotici così come rispetto ad alcune patologie ci si debba vaccinare, ma ciò non esclude la medicina omeopatica, che tenta di portare in equilibrio l’organismo. E poi se 8 milioni di italiani utilizzano l’omeopatia non è possibile che per tutti gli 8 milioni funzioni l’effetto placebo…magari! Se così fosse basterebbe una pillola di zucchero e non servirebbe nemmeno la medicina omeopatica!”, conclude l’esperto con un pizzico di ironia.
In collaborazione con AdnKronos
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