Nella notte tra venerdì 11 e sabato 12 settembre, a Caivano, in provincia di Napoli, Maria Paola Gaglione è morta dopo essere caduta da un motorino. La giovane 18enne era in scooter con il compagno transessuale e il fratello di lei li avrebbe speronati, poiché contrario alla loro relazione.
Il gip di Nola, Fortuna Basile, ha convalidato il fermo per Michele Antonio Gaglione, fratello della vittima, che resta in carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale, aggravato dai “futili motivi”. Per il giudice, il fatto che il giovane abbia agito “animato dal solo intento di spezzare il legame affettivo tra la sorella e il fidanzato Ciro, è indicativo di uno scarso senso di civiltà e rispetto nei confronti altrui”.
Il Fratello: “Non le avrei mai fatto del male”
Durante l’interrogatorio il fratello della vittima ha provato a difendersi: “Maria Paola e io abbiamo dieci anni di differenza. È mia sorella, ma per me era quasi come una figlia. Non le avrei mai fatto del male. È stato un incidente, non ho speronato lo scooter”.
E in merito all’accaduto di Caivano rivela: “Non vedevo mia sorella da Ferragosto, non avevo più sue notizie. L’ho cercata perché volevo parlarle. È vero, ho inseguito il motorino, ma non l’ho speronato. Non avrei mai potuto farlo. È stato un incidente. Andavano a forte velocità, li ho visti sbandare e sono caduti”. Sul rapporto della sorella con il fidanzato transessuale, Ciro Migliore, Gaglione ha poi aggiunto: “All’inizio di certo non ero contento. Desideravo che avesse dei figli, ma alla fine me ne ero fatto una ragione”
Caivano, lo strazio del fidanzato
“Stavamo insieme da tre anni ma la famiglia di Maria Paola non voleva. Dicevano che eravamo due donne. Io però non sono una donna. Per loro invece sì. Addirittura, li ho sentiti dire che avrebbero preferito che la figlia morisse, piuttosto che stare con uno come me. Un masculillo”.
Le parole di Ciro Migliore, all’anagrafe Cira Migliore, riassumono le pesanti vessazioni che Maria Paola avrebbe subito da parte della famiglia. Una vicenda segnata dall’ostilità della famiglia Gaglione nei confronti della relazione che la giovane aveva con Ciro.
Il compagno di Maria Paola, al momento ricoverato presso la clinica Villa dei Fiori di Acerra, a pochi chilometri da Caivano, con una frattura dell’avambraccio e lesioni sul corpo, dopo le varie minacce subite, aveva deciso di proteggere la relazione trasferendosi lontano dalla famiglia della vittima. “Ci eravamo conosciuti tre anni fa, nella villa di Caivano. Da nemmeno un mese ci eravamo trasferiti ad Acerra per stare più tranquilli. I suoi non accettavano la nostra relazione. Dicevano che l’avevo infettata, ma non è vero. Non riesco a immaginare la mia vita senza di lei”, le sue parole.
Una decisione che non è bastata a superare l’ostilità della della famiglia Gaglione il cui culmine è arrivato proprio nel giorno dell’incidente mortale: “Appena sono uscito dal vicolo me lo sono trovato davanti. Ci ha inseguito e gridava verso di me: ‘Ti devo uccidere, ti devo uccidere’. Maria Paola allora gli diceva: ‘Ci sono anche io sul motorino’. A lui non interessava. Quando siamo caduti, mi sono avvicinato a lei per soccorrerla, ma lui mi ha picchiato“, conclude Ciro.