A quasi 20 anni dall’omicidio di Gelsomina Verde, nell’ambito delle guerre di camorra, sono stati arrestate oggi due persone a Napoli.
Proprio nella città partenopea, dove era nata nel 1982, fu una delle vittime della prima faida di Scampia, dove una serie di clan napoletani combattevano per l’affermazione del potere e il controllo del territorio, si trattava di grandi organizzazioni criminali e gruppi più piccoli nate dalle scissioni. In questo contesto Gelsomina fu barbaramente uccisa e conosceva i suoi assassini, perché condivideva con loro lo spazio del quartiere come accade normalmente a chi nasce e cresce in terra di camorra. Aveva fatto diverse scelte nella sua vita rispetto a queste persone però vedeva ogni giorno quei personaggi e incontrava alcuni esponenti della malavita napoletana anche in carcere, dove faceva volontariato. Quella cultura di violenza però non faceva parte di lei, tanto che lasciò un ragazzo di cui si era invaghita proprio perché si stava avvicinando a quel mondo, per lei fu una decisione fatale e oggi, a distanza di tanti anni dalla sua morte, il suo rimane un nome da non dimenticare.
Il nome di Gelsomina Verde non va dimenticato, morta poco più che ventenne per mano della camorra a Napoli, città dove era nata nel 1982. Gelsomina aveva valori sani e non voleva avere nulla a che fare con quel mondo, nonostante condividesse gli spazi del quartiere inevitabilmente con persone che frequentavano la malavita.
L’assassinio avvenne il 21 novembre del 2004 nell’area nord di Napoli, barbaramente torturata e poi data alle fiamme. Divenne il simbolo più potente della guerra di camorra, erano anni duri dove alcuni clan avevano subito una scissione e c’erano delle faide in corso per affermare il potere, specialmente nell’area di Scampia.
Per l’omicidio della ragazza c’erano due indagati, Luigi De Lucia e Pasquale Rinaldi, coloro che materialmente la sottoposero a torture di ogni tipo. Su di loro, l’accusa di omicidio con l’aggravante della premeditazione e del metodo mafioso, si è trasformata oggi, dopo 19 anni, in un arresto.
La polizia, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, ha arrestato i presunti colpevoli, che avrebbero ucciso la 22enne allo scopo di favorire il clan Di Lauro.
Rinaldi è stato arrestato nella sua casa di Castel Volturno, a Caserta, invece l’altro indagato si trovava a Massa Carrara, dove stava scontando i domiciliari per un altro reato. Per l’omicidio di Gelsomina ci sono già altre persone condannate, ovvero Pietro Esposito, che aveva accompagnato la ragazza da quelli che saranno i suoi assassini e Ugo De Lucia, considerato la mente che ha ideato l’omicidio e al quale sarebbe stato presente.
Ma cosa aveva fatto Gelsomina, così estranea a quel mondo e nata nel posto sbagliato al momento sbagliato, a finire nel mirino della camorra in uno dei periodi più sanguinari e delicati della storia della criminalità locale? Si era semplicemente innamorata. Lavorava come operaia in una fabbrica di pelletteria e nel tempo libero faceva volontariato nel carcere, però odiava la criminalità e non voleva avere nulla a che fare con quel mondo.
Per breve tempo aveva avuto una relazione con Gennaro Notturno ma quando apprese che il ragazzo era entrato a far parte dei cosiddetti Scissionisti Amato/Pagano, gruppo contrapposto al clan Di Lauro, lo lasciò. Erano anni molto difficili nel napoletano, dove la guerra di camorra stava colpendo specialmente Secondigliano, Scampia, Melito, Arzano e Casavatore, tutti territori dove bande criminali rivali si contendevano l’egemonia.
Tuttavia, nonostante da un paio di anni avesse terminato la relazione, venne comunque individuata come una persona la cui morte avrebbe significato un segno tangibile del potere dei Di Lauro sui nemici, così il 21 novembre del 2004 venne sequestrata, torturata per ore e poi uccisa con tre colpi di pistola alla testa.
Il corpo di Gelsomina verrà adagiato all’interno della sua auto, che poi sarà data alle fiamme per coprire i segni delle sevizie e per cancellare per sempre qualsiasi dettaglio che potesse portare gli investigatori a identificare i colpevoli.
Gelsomina è stata uccisa perché i suoi sicari volevano sapere dove si nascondeva l’esponente di spicco con cui aveva avuto una breve storia e con cui credevano avesse ancora contatti. Le indagini sul delitto sono ripartite nel 2020 grazie ad alcune dichiarazioni di collaboratori di giustizia che hanno indicato nei due arrestati di oggi, coloro che hanno materialmente sequestrato e ucciso Gelsomina.
Un volto pulito, un bel sorriso sincero e occhi grandi e penetranti. Gelsomina Verde era conosciuta da tutti a Scampia ma il luogo da sempre è noto proprio per la macchia nera della criminalità organizzata, con cui lei non voleva avere a che fare ma con cui inevitabilmente ogni giorno era a contatto.
Figlia di un’onesta famiglia di lavoratori, Gelsomina era cresciuta a Scampia ed era conosciuta da tutti perché lavorava da tempo in una fabbrica di pelletteria di zona. Poi nel tempo libero, come dicevamo prima, era impegnata nel sociale ed era forte in lei il desiderio di aiutare chi ne aveva più bisogno. Quindi, era al fianco dei bambini per aiutarli a studiare o anche dei detenuti in carcere per parlare con loro.
Ci credeva davvero che quei ragazzi affascinati dal potere criminale, avrebbero potuto trovare la strada giusta, un’alternativa, una prospettiva di vita diversa. Invece Mina, così era conosciuta nel quartiere, è rimasta vittima proprio di quel mondo che voleva redimere e lo ha fatto involontariamente, invaghendosi del ragazzo sbagliato.
Gennaro era uno di quelli finiti nel vortice della criminalità che viveva anni fiorenti in quel periodo. Dall’ottobre del 2004 le strade di Scampia erano inondate di sangue per la lotta fra i vari gruppi di zona, in particolare da una parte c’erano gli eredi di Paolo Di Lauro, boss di Secondigliano e dall’altra gli Scissionisti, ex alleati del boss divenuti poi acerrimi nemici. La posta in gioco era il controllo degli affari, in particolare il traffico di stupefacenti, che costituiva l’attività principale di guadagno.
Gennaro era fra i traditori, coloro che si erano ribellati all’indiscusso boss, per questo andava trovato e punito. Gelsomina venne rapita in un momento in cui in realtà non lo frequentava più da un paio di anni ma in lei i killer videro lo strumento migliore per arrivare a Notturno.
Così con un gancio, Pietro Esposito, riescono a far cadere in trappola la ragazza. Gelsomina lo aveva conosciuto in carcere e fu lui ad avvicinarla quel 21 novembre e portarla con l’inganno dai suoi aguzzini, anche se disse sempre di non essere a conoscenza delle loro intenzioni.
Quello che accadde nei minuti successivi è puro orrore, perché nel tentativo di estorcerle informazioni, Mina venne torturata e seviziata per diverse ore ma fu inutile perché lei non sapeva dove si trovava l’ex fidanzato. Così venne infine uccisa e data alle fiamme a bordo della sua Fiat 600, che il padre le aveva regalato con i sacrifici di una vita.
Quando le forze dell’ordine trovarono ciò che restava dell’auto e del corpo all’interno, fu impossibile capire chi fosse e solo l’autopsia svelò l’identità ma portò anche alla luce i segni delle sevizie ricevute prima di morire con il colpo alla nuca, che fu decisivo. Il cadavere di Gelsomina era stato chiuso in un sacco e poi abbandonato alle fiamme come spazzatura da quelle persone che invece tutti consideravano rifiuti ma che lei si era messa in testa di salvare.
Iniziarono le indagini per dare un volto ai colpevoli dell’aggressione e dell’omicidio. Pochi giorni dopo il ritrovamento del cadavere, Pietro Esposito venne arrestato ma ha sempre detto di non essere un complice e per dimostrare che davvero era all’oscuro di tutto, decise di diventare collaboratore di giustizia e fece alcuni nomi.
Uno di loro, appunto Ugo De Lucia, venne individuato in Slovacchia nel febbraio dell’anno successivo, a pochi mesi dall’avvio del processo in cui la famiglia Verde si costituì parte civile. Nel banco degli imputati è finito anche Cosimo Di Lauro come mandante ma poi venne assolto. Furono indagate altre 7 persone ma per ora le condanne sono solo quelle per Esposito (7 anni e 4 mesi) e Ugo De Lucia (ergastolo), attendiamo quindi l’esito del processo per sapere quale sarà la sentenza per i due arrestati di oggi.
La storia di Gelsomina, diventata un racconto esemplare della crudeltà e della ferocia della camorra, è stata raccontata anche nel romanzo Gomorra di Roberto Saviano e ci sono riferimenti a lei anche nella serie televisiva omonima. Il suo omicidio provocò un’ondata di indignazione, attirando l’attenzione delle istituzioni. La sua memoria è viva ancora oggi ed è giusto che il dolce volto di Mina non sia dimenticato.
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