Omicidio Fortuna Loffredo: Raimondo ‘Titò’ Caputo ammette: ‘Ho toccato la figlia della mia convivente, ma non ho ucciso Chicca’

Napoli, processo uccisione Fortuna Loffredo

Raimondo Caputo detto ‘Titò’, imputato per abusi sessuali su minori e per l’omicidio di Fortuna Loffredo, la bambina conosciuta con il nomignolo Chicca, morta il 24 giugno del 2014 dopo una caduta dal palazzo Iacp nel parco verde di Caivano, ha ammesso di avere abusato della figlia maggiore della sua ex compagna, Marianna Fabozzi, ma di non avere ucciso la piccola Chicca, che aveva solo sei anni. L’uomo si è dichiarato disposto ad ammettere di avere più volte ‘toccato’ l’amichetta del cuore di Fortuna, ma di non avere compiuto atti sessuali completi sulla ragazzina che, al momento, è la sua prima – e più importante – accusatrice.
(Nella foto: la madre di Fortuna, Mimma Guardato)

“Sono un ladro, e qualche volta lo ammetto ho toccato l’amica del cuore di Fortuna. Lo facevo e lo sapevano in casa. Sia Marianna, la madre della bimba, che la nonna Angela Angelino (già denunciata per falsa testimonianza nel corso del processo, ndr) . Lo sapevano e non dicevano niente”, perché, in sostanza, volevano che l’uomo mantenesse il silenzio sulla vera fine di Chicca. Almeno questo è quanto ha affermato Titò, spiegando al suo difensore di essere disponibile a rendere tali dichiarazioni davanti al giudice nella prossima udienza del 2 maggio.

E’ la prima volta che il presunto ”orco” Titò confessa, anche se informalmente, di avere molestato la figlia della sua ex convivente, che ora ha 11 anni. L’uomo a processo resta imputato non solo di omicidio di Fortuna Loffredo, ma anche di abusi sessuali sia nei confronti della bambina trovata morta, sia di tutte e tre le figlie della sua ex.

Va ricordato che la bimba vittima di abusi di cui si parla in questa circostanza, la figlia primogenita di Marianna Fabozzi, è anche la principale accusatrice di Titò, il quale ha invece raccontato un’altra verità a proposito dell’assassinio di Fortuna. E cioè che la responsabile sarebbe Marianna, che l’avrebbe afferrata per i piedi gettandola giù dall’ottavo piano del palazzo in cui vivevano.

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