I due imputati a processo per la morte della piccola Chicca (Fortuna Loffredo), lanciata dalla finestra del sesto piano il 24 giugno del 2014 al Parco Verde di Caivano, mantengono (o quasi) le versioni già raccontate in passato. Lui continua ad accusare la ex compagna, dicendo che alla scena avrebbe assistito anche sua figlia, amichetta della vittima. Lei si dice innocente, ma afferma di non aver indotto al silenzio la figlia dell’ex compagno; nello stesso tempo lo scagiona dall’accusa di omicidio, confermando l’alibi. Dice infatti che, quando Chicca precipitava in strada, lui era con l’altra bambina.
I due imputati al processo davanti alla quinta sezione della Corte d’Assise di Napoli non hanno fatto emergere sorprese. Durante i rispettivi interrogatori, Raimondo Caputo detto Titò, accusato non solo dell’omicidio, ma anche di aver abusato di Fortuna, figlia dell’ex compagna, e Marianna Fabozzi, che deve rispondere solo del reato di concorso nelle violenze sessuali attribuite a Titò, non hanno dato una svolta al processo, come speravano i pm. Titò ha detto che si trovava in strada mentre Chicca cadeva dalla finestra e sostiene che a lanciarla dal finestrone del pianerottolo sarebbe stata proprio Marianna. L’accusa sostiene che Fortuna sia stata lanciata dal terrazzo all’ottavo piano. Secondo Titò, l’ex compagna avrebbe disturbi mentali e avrebbe già ucciso, con le stesse modalità – facendolo precipitare dalla finestra di casa nello stesso Parco Verde – pure un figlio l’anno prima.
L’uomo, davanti alla Corte, ha solo ammesso di aver violentato la bambina, che Marianna aveva avuto da una precedente relazione. Ha sottolineato che, durante gli abusi, Marianna era consapevole e consenziente. Lei, la mamma, ha negato ogni responsabilità per l’omicidio, ma ha pure confermato l’alibi di Titò. L’avvocato di parte civile, Sergio Pisani, che assiste il papà della vittima, ha chiesto un confronto diretto tra i due imputati, presentando istanza che sarà esaminata dalla Corte nella prossima udienza.
I pubblici ministeri Domenico Airoma e Claudia Maone hanno chiesto più volte a Marianna perché invitasse la figlia di Titò a tacere o a fornire false versioni agli inquirenti. Frasi ascoltate durante le intercettazioni ambientali. La donna, però, si è rifiutata di rispondere, restando in silenzio, oppure ha negato qualsiasi addebito e di aver detto quelle frasi alla figlia dell’uomo.