Si è tenuto questa mattina l’interrogatorio di convalida del fermo di Costantino Bonaiuti, il 61enne italo-egiziano accusato dell’omicidio di Martina Scialdone, la giovane avvocatessa uccisa lo scorso venerdì sera nel quartiere Tuscolano, a Roma.
Il gip, che ha convalidato l’arresto, contesta a Bonaiuti l’omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dai motivi futili e abietti rappresentati dalla gelosia e dall’aver agito contro una persona a lui legata da relazione affettiva. Il 61enne si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Si è tenuta questa mattina l’udienza di convalida del fermo di Costantino Bonaiuti, il 61enne italo-egiziano accusato di aver ucciso la sua ex compagna – Martina Scialdone, 34 anni – al culmine di una discussione, lo scorso venerdì sera. Al cospetto del giudice per le indagini preliminari, l’imputato si è avvalso della facoltà di non rispondere.
“Se tutti avessero fatto il loro dovere, il loro compito di cittadini questa ragazza sarebbe ancora viva. La ragazza sembra abbia chiesto aiuto: nessuno ha avuto modo di riscontrare questa richiesta di aiuto o forse non ha voluto ma questo lo appureremo. In questa vicenda ci sono due vittime. non c’è stata nessuna premeditazione, non voleva uccidere”
ha detto l’avvocato Fabio Taglialatela, difensore del 61enne, prima dell’udienza, come riferisce l’Adnkronos.
Stando ad alcune testimonianze – tutte ancora da verificare – sembra che Martina abbia chiesto aiuto, prima di essere uccisa con un colpo di pistola al petto. Quella sera la vittima e il presunto killer erano stati a cena insieme nel ristorante Brado. Sembra che Martina fosse intenzionata a chiudere la sua relazione con il 61enne e quella sera sarebbe stata l’occasione per dirlo all’uomo.
Tra i due sarebbe nata un’accesa discussione tra i tavoli del ristorante, con Martina che si rifugiava in bagno e Bonaiuti che la seguiva, tirando pugni alla porta. In tanti hanno puntato il dito contro i gestori del locale capitolino, ma i due ristoratori hanno riferito una versione dei fatti totalmente diversa da quella emersa nelle prime ore dopo l’omicidio di Martina.
“Abbiamo fatto il massimo. Abbiamo chiamato la polizia. Abbiamo chiesto alla ragazza se voleva rimanere nel locale. Lei ha detto che era tutto ok ed è uscita per andare via. Poi è successo quello che è successo. Non abbiamo cacciato nessuno, ma ora sembra che l’abbiamo ammazzata noi”
ha riferito a La Repubblica, Christian Catania, che insieme a suo fratello gestisce il locale teatro del dramma.
All’uscita del ristorante, Martino e Bonaiuti hanno continuato a discutere, fino a che – pochi metri più avanti – il killer non ha estratto la pistola e ha esploso un colpo dritto al petto di Martina. Per la giovane avvocatessa non c’è stato nulla da fare. Nonostante i soccorsi, la vittima è deceduta pochi istanti dopo.
Intanto gli inquirenti cercano di mettere insieme i tasselli di una vicenda con diversi punti ancora oscuri. Nato ad Asmara, 61 anni, Costantino Bonaiuti, dipendente Enav, ai colleghi aveva riferito di avere un tumore maligno, circostanza del tutto esclusa dal suo legale. In casa possedeva un vero e proprio arsenale da guerra: quattro pistole e due fucili da caccia, tutti regolarmente detenuti.
Era separato, ma viveva ancora con la sua ex moglie. I vicini di casa lo definiscono come irascibile e violento. A uno di loro, che pare si fosse lamentato dello sfrecciare in auto nel condominio, aveva risposto: «Non mi scocciare, sennò ti sparo».
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