Cosa lega l’omicidio di Meredith Kercher, avvenuto a Perugia il 1° novembre 2007 al delitto di Yara Gambirasio, scomparsa il 26 novembre 2010 e ritrovata morta il 26 febbraio 2011? Il Dna o meglio, gli esami sul Dna. Le tracce biologiche trovate sugli slip e i leggins di Yara per l’accusa, inchioderebbero Massimo Bossetti ma, per la difesa, potrebbero essere la prova decisiva per annullare il processo. I due casi sono uniti da un’unica cosa: la sentenza d’assoluzione per Raffaele Sollecito e Amanda Knox. La Corte di Cassazione ha stabilito che gli esami del Dna, per essere certi come prova, devono essere ripetuti almeno tre volte e con tutte le garanzie del caso per gli imputati. Il processo per il delitto di Perugia potrebbe dunque essere un precedente importante per Bossetti, unico accusato dell’omicidio della ragazzina di Brembate. L’elemento decisivo è arrivato dall’Aula del Tribunale di Bergamo lo scorso 6 novembre, quando i giudici hanno assegnato una prima vittoria alla sua difesa: i Ris di Parma devono spiegare come hanno fatto gli esami sul Dna e integrare gli atti della loro consulenza su Ignoto 1, indicando quanti test e con quali kit sono stati effettuati.
La presidente della Corte d’Assise, Antonella Bertoja, ha infatti disposto che la difesa ha sette giorni di tempo per scrivere le sue domande; altrettanti ne avranno gli esperti del Ris per rispondere. Durante il controinterrogatorio, Fabiano Gentile, che con Nicola Staiti ha effettuato le analisi per l’accusa, non ha saputo rispondere ad alcune domande in merito ai dati grezzi relativi al Dna.
Il legame tra i due omicidi
Sono proprio questi dati, noti come Raw Data, a essere al centro della contesa e a legare i casi di Yara e di Meredith. Nella sentenza di assoluzione per Raffaele Sollecito e Amanda Knox, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio di garanzia per gli imputati in merito a esami del Dna, proprio per evitare problemi dopo i casi di errore registrati negli ultimi anni. Quello che gli avvocati dei due giovani hanno visto riconosciuto per i loro clienti, potrebbe salvare anche Bossetti. La sentenza stabilisce che l’esame del Dna, per essere valido, deve essere ripetuto almeno tre volte e con la possibilità per l’imputato di poter accedere ai dati e controllare che non siano avvenuti errori.
È questo, dicono gli avvocati di Bossetti, la chiave: all’epoca, gli esami vennero fatti per tracciare il profilo di Ignoto 1 e non sono state filmati. La difesa non ha avuto accesso ai dati grezzi del Dna. Come possono essere sicuri che quelle tracce riconducano al muratore di Mapello senza margini di errore? Quante volte sono stati rifatti i test? Con che kit? Tutte domande a cui i due esperti del Ris non sono riusciti a rispondere perché sono tutti nel database e ci vuole tempo per avere lo storico del singolo caso. Da qui la decisione della Corte: sette giorni di tempo per le domande e altrettanti per le risposte che dovranno essere chiare e rispondere alle domande della perizia della difesa di Bossetti, affidata a Marzio Capra, ex ufficiale dei Ris e uno dei migliori nel campo.
Le analisi sul Dna salveranno Bossetti?
Marzio Capra ha rilevato che gli esami condotto dagli ex colleghi (e solo da loro, come ha ribadito la difesa di Bossetti) sono stati “solo” quattro amplificazioni. Troppo poche, secondo il genetista.
Il dato è fondamentale per le sorti del processo, come sottolinea Luca Telese su Libero. Gli esperti del Ris hanno spiegato il metodo di lavoro, confermando di aver usato otto kit di analisi, allora i migliori sul mercato. Dovevano capire chi fosse Ignoto 1 e quindi hanno seguito correttamente le procedure, senza pensare che, a tre anni di distanza e con kit ancora più evoluti, avrebbero dovuto rispondere alle domande della difesa. Ora si attendono le risposte dei Ris sui dati grezzi: il processo a Bossetti potrebbe terminare ancor prima di entrare nel vivo.
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