Innocent Oseghale, il nigeriano condannato all’ergastolo per l’omicidio della giovane Pamela Mastropietro, dal carcere fornisce la sua versione dei fatti negando il delitto e la violenza sessuale.
L’uomo, detenuto nel penitenziario di Forlì, ha affidato alcune dichiarazioni sul caso ai microfoni dell’Adnkronos, dicendosi estaneo all’uccisione della 18enne il cui corpo fu fatto a pezzi e messo in due trolley a Macerata nel 2018.
Innocent Oseghale ha parlato dal carcere di Forlì dove sconta la sua pena per l’omicidio di Pamela Mastropietro, la 18enne romana uccisa, fatta a pezzi, messa in due valigie e gettata sul ciglio di una strada a Macerata.
Il cadavere fu ritrovato il 30 gennaio 2018 e la Cassazione ha confermato l’ergastolo a carico del nigeriano 33enne.
Ai microfoni di Adnkronos nega di averla uccisa e sostiene di non averla violentata. Secondo la sua versione, avrebbe fatto a pezzi il corpo “per paura”.
“Su di me pregiudizi legati al fatto che io sia un immigrato di colore – ha dichiarato Oseghale all’agenzia di stampa -. Sono addolorato ma non posso pagare per una colpa non mia“.
Oseghale si difende nonostante l’esito giudiziario a suo carico: “Non ho ucciso la povera Pamela e nemmeno l’ho violentata. Purtroppo le ricostruzioni fatte durante il processo non hanno tenuto conto delle tante prove a mia discolpa“.
Il nigeriano 33enne condannato per l’atroce delitto della giovane si dice “addolorato”: “Penso spessissimo a Pamela, a quanto è successo, sono dispiaciuto, ma non posso pagare una colpa non mia. (…) Abbiamo avuto rapporti sessuali con il consenso di entrambi prima di andare a casa mia (…)“.
All’Adnkronos, Oseghale ha ricalcato la sua versione tornando sul racconto degli eventi che a suo dire avrebbero preceduto la morte di Pamela Mastropietro.
“Ha consumato una sostanza che non avevo mai visto consumare prima a nessuno e di cui quindi non conoscevo gli effetti. Si è sentita male ed è caduta a terra tutto ad un tratto. Ho sottovalutato il suo malore“.
Oseghale sostiene di aver quindi contattato un amico che gli avrebbe consigliato di dare dell’acqua alla vittima, prima di metterla a letto e lasciare l’abitazione: “Sono uscito. Al mio ritorno Pamela non c’era più“.
Secondo la versione di Oseghale, la scoperta del decesso della 18enne sarebbe stata per lui uno choc: “Mi ha assalito la paura di perdere la mia compagna, già in comunità con la mia primogenita e incinta del mio secondo figlio, che purtroppo non ho nemmeno potuto vedere nascere (…). Ho avuto paura che nessuno mi avrebbe creduto, un ragazzo di colore con in casa il cadavere di una ragazza di 18 anni. Nella mia testa io ero già colpevole, non ho capito più niente e ho fatto quello che è già noto a tutti. Dovevo cercare di salvarmi (…)“.
“Con la madre – ha aggiunto l’uomo in una lettera all’agenzia di stampa – sto condividendo lo stesso dolore, anche io ho perso i miei figli, ho vissuto sulla mia pelle violenze scafisti, mai stuprerei e ucciderei“.
Nel suo racconto dal carcere, il nigeriano continua a rigettare le accuse di omicidio e di violenza sessuale per cui è stato condannato all’ergastolo: “Ho agito senza ragionare, pensavo solo che non mi avrebbero creduto. Ho fatto tutto in preda a uno stato confusionale. Non l’ho stuprata, non l’ho uccisa. Al contrario ammetto ogni mia colpevolezza nel mancato soccorso e nel vilipendio del cadavere con la crudeltà che non nego e di cui chiedo scusa. Sono pentito“.
Nella sua lettera all’Adnkronos, Oseghale ha descritto la sua vita in carcere spiegando di lavorare per 7 ore al giorno, dal lunedì al venerdì, e di aver fatto un corso di italiano.
“Faccio molta attività fisica, ascolto musica, guardo la tv e ho intrapreso un cammino cristiano di fede perché ho capito quanto è grande l’amore di Dio“.
Nel processo d’appello bis che lo ha visto imputato di violenza sessuale, lo scorso febbraio Oseghale è stato ritenuto responsabile e la pena inflitta è l’ergastolo.
La madre di Pamela Mastropietro, Alessandra Verni, ha accolto la sentenza parlando di una decisione “giusta”, riporta Ansa, senza però nascondere la sua profonda convinzione: “Ci sono altri mostri fuori da prendere“.
Al termine dell’appello bis, la mamma della 18enne ha ribadito la sua speranza in una condanna a vita e senza sconti per chi ha ucciso la figlia per poi compiere lo scempio sul corpo.
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