25 marzo 2016, un giorno dopo la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale, come prevedono le norme: è in vigore la legge sull’omicidio stradale, approvata definitivamente dal Senato il 2 marzo e promulgata dal presidente della Repubblica il 23 marzo col numero di serie 41. Questa legge a lungo invocata e dal cammino sofferto ha modificato il Codice penale, quello di procedura penale e quello della strada introducendo nel nostro ordinamento appunto i reati di omicidio stradale e di lesioni personali stradali. Ma ci sono anche dei punti molto criticati.
Quella che doveva nascere come misura per punire i pirati della strada che scappano dopo aver investito qualcuno e quelli che provocano la morte di altre persone perché circolano drogati o ubriachi (spesso i pirati sono anche drogati o ubriachi), alla fine è diventata una legge che vuole sbattere in galera tutti, in un Paese dove i veri criminali sembrano aver ricevuto la licenza di delinquere.
Chissà, forse perché questa volta ci sono di mezzo gli odiati automobilisti, le punizioni non sono abbastanza differenziate. Soprattutto le aggravanti per pirati, drogati e ubriachi non sono un gran che.
Innanzitutto: in caso di investimento mortale o che provoca lesioni gravissime è previsto sempre l’arresto in flagranza: obbligatorio se chi ha causato l’incidente risulta in stato di ebbrezza (ora è obbligatorio anche il test), facoltativo negli altri casi. Invece chi scappa non finisce in galera, ovviamente. Quindi c’è un incentivo a scappare.
Però vengono imputati per omicidio stradale soggetti che hanno compiuto fatti di gravità molto diversa. Perché non è la stessa cosa investire qualcuno per una distrazione o un errore di valutazione, oppure farlo quando consapevolmente ci si mette al volante in uno stato psicofisico intenzionalmente alterato. Qui il principio di proporzionalità tra illeciti e pene non è stato rispettato. E ci potrebbero essere anche dei ricorsi alla Corte costituzionale.
Non significa che nel primo caso non si debba essere puniti, perché una vita è stata comunque spezzata. Però non c’è la giusta gradualità delle pene. E invece si è stati troppo generosi con i pirati, i veri criminali. Inoltre ci saranno molti problemi con le indagini e i processi, perché da un lato equipaggiamenti e addestramento specifico del personale di polizia non sono adeguatamente finanziati (come sempre), poi perché anche l’ambiente della magistratura non è bene attrezzato per questi tipi di casistiche, senza contare l’ingolfamento cronico della magistratura penale.
In sintesi, ecco i provvedimenti principali della legge sull’omicidio stradale. Reclusione da 5 a 10 anni per chi causa la morte di una persona guidando in stato di ebbrezza alcolica media (tasso da 0,8 a 1,5 grammi/litro); se il tasso supera 1,5 la pena sale da 8 a 12 anni. Per chi scappa dopo il sinistro c’è l’aggravante di pena aumentata da uno a due terzi, con reclusione minima di 5 anni per omicidio e 3 per lesioni. La pena massima non può superare i 18 anni.
Per le lesioni gravi da guida in stato di ebbrezza la pena è da 3 a 5 anni, da 4 a 7 per lesioni gravissime. Per ebbrezza fino a 0,8 g/l o per manovre pericolose reclusione da 18 mesi a 3 anni per lesioni gravi, da 2 a 4 anni per quelle gravissime.
La morte causata solo da violazione del codice della strada (cioè senza stato di ebbrezza) prevede una pena da 2 a 7 anni: le violazioni imputabili sono eccesso di velocità, guida contromano, infrazioni ai semafori, sorpassi e inversioni pericolose, ad esempio il sorpasso sulle strisce pedonali o l’inversione in curva. Aggravanti per chi non ha conseguito la patente o gli era stata sospesa o revocata, così come per chi non ha l’assicurazione. Pene aumentate nel caso in cui ci sia più di una vittima.
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