Alla fine dell’udienza preliminare del processo sull’omicidio di Luca Varani, Manuel Foffo e Marco Prato hanno ottenuto di essere giudicati separatamente, Foffo subirà dunque un processo con rito abbreviato, mentre Prato sarà giudicato con rito ordinario. Sui due rinviati a giudizio pesa l’accusa di omicidio premeditato per la morte di Varani, ucciso il 4 marzo scorso in un appartamento alla periferia di Roma. Oltre alla premeditazione, la procura capitolina contesta ai due trentenni le aggravanti della crudeltà e dei futili motivi. Foffo e Prato infatti sono accusati di aver seviziato, torturato per quasi due ore e infine ucciso Luca Varani, il ragazzo di 23 anni che avevano inviato a casa telefonandogli all’alba del 4 marzo dello scorso anno, probabilmente promettendogli del denaro.
Michele Andreano, avvocato difensore di Manuel Foffo insieme a Corrado Ottaviani, nel chiedere il rito alternativo, ha depositato una perizia medica, contenente analisi tossicologiche e psichiatriche, cioè vuole dimostrare che la capacità di intendere e di volere del suo assistito sia diminuita a causa dell’uso cronicizzato di alcol e droga. Il gup Nicola Di Grazia ha fissato per il 6 febbraio un’udienza per l’intervento del pubblico ministero Francesco Scavo e delle parti civili, rappresentate dai genitori e dalla fidanzata di Varani, mentre il 21 febbraio successivo parleranno i difensori e in questo giorno potrebbe arrivare anche la sentenza. Marco Prato sarà invece difeso dagli avvocati Pasquale Bartolo e Matteo Policastri.
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OMICIDIO VARANI: LA RICOSTRUZIONE DEL PM
Secondo quanto scritto dal pm nel provvedimento di chiusura indagine, i due presunti assassini “dopo aver fatto entrambi ripetuto uso di sostanze alcoliche e stupefacenti nei giorni antecedenti l’evento”, la notte del 3 marzo, erano usciti dalla casa di Foffo, in via Igino Giordani, alla periferia est della capitale, e avevano “girato in macchina per la vie di Roma alla ricerca di un qualsiasi soggetto da uccidere o comunque da aggredire al solo fine di provocargli sofferenze fisiche e togliergli la vita“. Tornati a casa, all’alba del 4, hanno chiamato Varani invitandolo a recarsi nell’appartamento. Una volta arrivato nell’abitazione, i due indagati lo “hanno fatto denudare”, scrive ancora il pm, per ottenere una prestazione sessuale e gli hanno offerto una bevanda con una dose di psicofarmaco che “lo stordiva a tal punto da costringerlo a recarsi in bagno”: lì ha avuto inizio l’atroce massacro che si è concluso, due ore dopo, in camera da letto, con la morte del ragazzo.
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Gli inquirenti hanno lavorato molto in questi mesi, giungendo alla conferma dell’ipotesi accusatoria nei confronti dei due presunti assassini. Tracce biologiche di Foffo e Prato sono presenti sulle armi usate per uccidere Varani – dettaglio che avrebbe fatto cadere la tesi difensiva di Prato secondo i quali il pr romano non avrebbe partecipato attivamente all’omicidio. La vittima è stata colpita un centinaio di volte con martello e coltelli. Secondo il referto dell’autopsia, gli assassini si sono prima accaniti con le martellate su testa e bocca. Poi hanno tentato di strangolarlo con una corda di nylon e subito dopo, con almeno due coltelli da cucina, hanno infierito sulla gola del giovane, aprendola completamente senza però tagli letali. Il corpo di Luca presentava almeno trenta ferite, meno profonde, su petto e testa che gli sono state inferte forse solo per vederlo soffrire. La vittima è morta dissanguata, e solo allora, dopo quasi due ore di sevizie, gli assassini hanno smesso di infierire sul suo corpo.
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Foffo, che confessò l’omicidio il giorno dopo averlo commesso, raccontò che dopo la morte del ragazzo i due amici dormirono a fianco del cadavere per circa sei ore. Poi, nel pomeriggio del 4 marzo, lasciarono la casa per liberarsi degli abiti sporchi di sangue e del cellulare della vittima. Quella notte Prato si fece accompagnare dall’amico in un albergo di piazza Bologna, dove avrebbe tentato il suicidio con un mix di alcol e barbiturici. Foffo, invece, passò la notte nell’appartamento del massacro, dormendo a pochi metri dal cadavere. La mattina del 5 marzo, Foffo raccontò al padre quanto accaduto e decise di costituirsi. Fu lui a portare i carabinieri nella casa dove il corpo della vittima giaceva da un giorno e mezzo. Quando gli inquirenti gli chiesero perché avesse ucciso il giovane, lui rispose solo: “Volevamo fare male…a qualcuno”.
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