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Massimo Bossetti avrebbe potuto avere un complice. Si tratta di un’ipotesi che emerge insistentemente da vari elementi che sono stati considerati nel corso delle indagini. Era stato lo stesso Bossetti, quando si trovava nella sua cella d’isolamento, a richiedere di parlare con il sostituto procuratore, affermando che ci sarebbe stata una seconda persona di cui parlare. Della questione allora erano stati informati anche i carabinieri e la polizia, ma si riteneva anche che il muratore di Mapello fosse in preda ad uno stato confusionale, difficile da gestire e che non consentiva di dare indicazioni utili.
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Dubbi e incertezze varie, quindi: Bossetti stava cercando solamente di ribadire la propria innocenza, spostando l’attenzione su altre persone, oppure voleva alludere ad un presunto complice?
Le indagini
In base a ciò che è emerso dalle indagini, sarebbe stato accertato che l’assassino di Yara Gambirasio non avrebbe potuto agire sempre da solo, ma sarebbe stato aiutato anche da altri. A questa ipotesi conducevano le azioni complesse dovute al rapimento e all’occultamento del cadavere, che potevano presupporre l’azione di più soggetti. D’altronde le indagini avrebbero accertato che la ragazzina di Brembate non sarebbe stata uccisa presso il campo di Chignolo d’Isola, dove è stata ritrovata, ma altrove e poi portata in quel luogo.
Inoltre sarebbe stato accertato che per l’omicidio sarebbero state utilizzate tre armi: un cutter, un coltello a serramanico e uno con la punta a scalpello. Oltre a tutto ciò, dalle indagini sarebbe emerso che Yara, prima di morire, avrebbe avuto le braccia legate con del fil di ferro, ipotesi a cui farebbero pensare le ferite che sono state rintracciate ai polsi della ragazzina uccisa.
In tutte le indagini si è cercato sempre di capire se ci potessero essere altre persone coinvolte, ma intanto, almeno ufficialmente, Massimo Bossetti resta l’unico imputato accusato della morte di Yara. Adesso le indagini sull’omicidio di Yara Gambirasio sono formalmente chiuse e i legali di Massimo Bossetti potranno entrare in possesso del fascicolo che è stato nelle mani della Procura di Bergamo. Servirà a loro per controbattere le tesi dell’accusa.
Proprio Claudio Salvagni, l’avvocato di Bossetti, ha rivolto delle critiche al campo di imputazione. Per esempio, ha fatto riferimento alle diverse armi, chiedendosi se l’assassino avesse usato entrambe le mani, tenendo un coltello in una mano e l’altro nell’altra mano, oppure se vi fossero dei complici.