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Oncoematologia: i risultati in Puglia dei farmaci ‘intelligenti’ sottocute

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Anche in Puglia l’utilizzo di farmaci sottocute in oncoematologia ha portato diversi vantaggi a parità di efficacia rispetto al tradizionale impiego endovenoso (Ev). Li attesta anche l’esperienza condotta all’Irccs Giovanni Paolo II – Istituto tumori di Bari, che conferma quanto emerso nel resto d’Italia, all’interno degli studi ‘Going Lean’ e ‘Scuba’ condotti in 3 anni (2015-2017) da Business Integration Partners (Bip) con il sostegno di Roche Spa. In sintesi abbiamo tempi di permanenza in Day hospital dimezzati, più pazienti oncoematologici trattati, più terapie erogate ogni anno, più sicurezza per malati e operatori, riduzione dei costi sociali e cospicui risparmi economici per l’intero sistema sanitario regionale.

Migliora la cura e l’assistenza al paziente

L’uso di anticorpi monoclonali sottocute ha portato alla riduzione dei tempi di attraversamento e attesa in Day hospital fino al 50% (da 4,10 a 2,20 ore in oncologia, e da 5,51 a 3,49 ore in ematologia) e quindi all’aumento delle terapie somministrate (da 40 a oltre 65 al giorno).
Il fatto che le formulazioni sottocutanee siano già predosate, diminuisce del 70% il rischio clinico in tutte le fasi del trattamento e con questo il potenziale contenzioso medico-legale. Tutto ciò si è tradotto nell’aumento delle terapie sottocute (pari al 35% degli accessi e al 70% pazienti con linfoma), nel gradimento dei pazienti e dei rispettivi caregiver (alla maggiore autonomia del malato corrisponde una minore necessità di essere accompagnato), con un potenziale effetto positivo sulla riduzione della mobilità passiva. Ottimizzati anche i costi standard (-43% il costo sanitario e -57% la perdita di produttività).

Antonio Delvino, direttore generale dell’Istituto tumori di Bari svela alcune novità: “Abbiamo creato un’agenda informatizzata disegnata per migliorare le attività dei clinici e del personale infermieristico, differenziando i flussi paziente. L’agenda permette la definizione e l’ottimizzazione di percorsi specifici per tipologia di paziente attraverso la gestione di spazi fisici, risorse produttive, tipologie di visite e terapie, come pure informazioni sul paziente”.

L’introduzione dell’infermiere di programmazione

“Sono due – spiega Delvino – gli elementi principali che ci hanno permesso di ottimizzare l’utilizzo delle risorse e migliorare la performance del nostro Day hospital. Il primo è quello di avere dato a ogni poltrona una programmazione precisa in un sistema di prenotazioni paragonabile a quello di un treno. Il secondo riguarda l’introduzione di un nuovo ruolo, l’infermiere di programmazione, dedicato esclusivamente alla gestione delle prenotazioni. Con l’obiettivo di ampliare la quota di ‘terapie brevi’, con preparazione il giorno prima della somministrazione (da 15-20% a 55-60%). Purtroppo non si riesce ancora a programmare tutte le somministrazioni. Gli aggiustamenti del caso avvengono con ‘il treno in corsa’. Siamo a 150 preparazioni al giorno (contro le 85 di prima), ma ci sono ancora abbondanti margini di miglioramento”.

“Si deve puntare a investire sulla qualificazione professionale, anche grazie a percorsi di formazione e di aggiornamento. Inoltre, all’Irccs di Bari ha la prima Umaca (Unità manipolazione centralizzata antiblastici, ndr) in Italia con certificazione di qualità Iso9001:2008 per la gestione della qualità e sicurezza della terapia destinata ai pazienti. Ottenuta già nel 2015 e rinnovata anche nel 2018 di recente, vanta 21 mila preparazioni all’anno”.

Terapie più veloci: approccio snello al sistema

In proposito, sottolinea Patrizia Nardulli, direttore della farmacia dell’Irccs, “il miglioramento dettato dall’uso del Sc è rilevante anche per quanto riguarda la fase di preparazione dei farmaci. Si ottiene una liberazione di risorse umane che risulta di fondamentale importanza, nell’ottica del risparmio di tempo, anche per il personale che allestisce il farmaco, con una riduzione dei tempi di preparazione annui in farmacia per allestimento del farmaco pari al 62% (da 149 ore per la somministrazione Ev, si passa a 57 ore per il Sc). Ora parliamo di 200 pazienti trattati e 375 terapie preparate al giorno. La prospettiva è quella di avere un ambulatorio tutto dedicato al sottocute”.

“Nel progetto Scuba – riferisce – mi sono occupata dell’analisi dei tempi totali di attraversamento riferiti al paziente: ovvero il tempo totale del percorso in ospedale, dall’accettazione all’uscita dalla struttura. I dati riscontrano un netto miglioramento delle formulazioni Sc, rispetto alle Ev, con un risparmio di tempo pari al 44% in oncologia e al 35% in ematologia. L’effetto positivo sul paziente, oltre al risparmio di tempo, si riferisce all’aumento della sicurezza e a una sua ‘alleggerita’ percezione della malattia, grazie alle terapie Sc meno invasive. Anche la nascita della Rete oncologica pugliese sta accompagnando e facilitando l’accesso dei pazienti a procedure diagnostiche, presa in carico e riabilitazione. Insieme a terapie ‘leggere’ e meno invasive, complessivamente si delinea un nuovo e snello approccio di sistema”.

Il paziente deve sentirsi protetto

“L’intento è che, grazie al supporto della rete, il paziente si senta protetto – spiega Alessandro Dell’Erba, ex direttore del Dipartimento interdisciplinare di medicina, coordinatore Gestione del rischio clinico della Regione Puglia – e in ciascun punto della rete possa essere preso in carico. La Rete oncologica rappresenta dunque una sorta di upgrading per la gestione del paziente, all’interno di un percorso virtuoso che segue standard uniformi su tutto il territorio, nel rispetto del livello base di assistenza. Tutto ciò si traduce in un effetto positivo sulla mobilità passiva, che tende così a ridursi”.

Concordano le associazioni di pazienti. Dice Francesco Diomede, vice presidente Favo Puglia: “Le Reti oncologiche devono consentire ai pazienti di ricevere le migliori cure nel minor tempo possibile, possibilmente vicino al proprio domicilio, evitando i viaggi della speranza. Il nostro motto è ‘nulla su di noi, senza di noi’. Ovvero, nulla deve essere deciso sui pazienti senza il loro coinvolgimento e una loro partecipazione attiva alle decisioni. Le associazioni pazienti devono essere maggiormente coinvolte nei processi decisionali. E’ necessario rafforzare l’alleanza tra associazioni pazienti e professionisti della salute. I farmaci innovativi hanno sicuramente migliorato i tassi di sopravvivenza. Le associazioni pazienti hanno il dovere di rivendicarne l’utilizzo. Contro i farmaci ‘costosi’, l’unica arma utilizzabile è l’appropriatezza prescrittiva. Se utilizzati in maniera virtuosa, non determinano un forte aumento della spesa pubblica”.

Una sinergia vincente

Il ruolo dell’industria farmaceutica come partner del Ssn nel suo efficientamento è vissuto con particolare impegno da Roche. “Il nostro obiettivo – precisa Maurizio De Cicco, presidente e amministratore delegato di Roche Italia – è favorire un impegno appropriato dei farmaci, coscienti che la sostenibilità del sistema sia anche una nostra responsabilità. Da 120 anni ci impegniamo con coraggio nel mettere a disposizione dei pazienti le migliori cure possibili e nel diffondere conoscenze scientifiche e gestionali che possano ottimizzare i processi sanitari. Siamo fieri di sostenere questa iniziativa che dimostra come la sinergia tra pubblico e privato possa portare benefici importanti all’intero Servizio sanitario nazionale, oltre che a livello locale”.

Kati Irrente

Giornalista per vocazione, scrivo per il web dal 2008. Mi occupo di cronaca italiana ed estera, politica e costume. Naturopata appassionata del vivere green e della buona cucina, divido il tempo libero tra musica, cinema e fumetti d'autore.

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