Il Tribunale dei Ministri di Roma ha archiviato l’indagine a carico del leader della Lega, Matteo Salvini, scagionandolo dalle accuse di omissione di atti d’ufficio e di abuso d’ufficio per aver negato, lo scorso aprile, lo sbarco ai 65 migranti a bordo della Alan Kurdi. La nave battente bandiera tedesca della ONG Sea Eye era stata costretta, dopo 10 giorni di inutile attesa, a raggiungere Malta. Per il leader della Lega però le buone notizie non finiscono qui: oltre al sospiro di sollievo per l’archiviazione dell’indagine, Salvini può esultare per le motivazioni addotte dal tribunale dei ministri, che sembrano rafforzare e legittimare la linea adottata dall’ex ministro dell’Interno nella gestione degli sbarchi delle ONG.
In Europa, infatti, a disciplinare l’assegnazione dei richiedenti asilo è il regolamento di Dublino, basato sul principio del primo paese d’arrivo. Il regolamento dell’Unione Europea stabilisce che il Paese responsabile per l’esame della richiesta di asilo è quello di prima accoglienza, un principio che negli anni ha scaricato il peso dei flussi migratori totalmente sulle spalle delle nazioni costiere del Mar Mediterraneo, tra cui ovviamente anche l’Italia. L’archiviazione dell’indagine a carico del leader della Lega sul caso Alan Kurdi potrebbe però aprire nuovi scenari nella gestione degli sbarchi delle ONG, in particolar modo se si considerano le motivazioni che i giudici hanno addotto per motivare la decisione presa. Sul caso della Alan Kurdi, infatti, il Tribunale dei Ministri di Roma ha stabilito che “lo Stato di primo contatto non può che identificarsi in quello della nave che ha provveduto al salvataggio”. Una motivazione che tradotta stabilisce come le navi delle ONG, per ottenere l’approdo in un porto, devono rivolgersi allo Stato di cui battono bandiera che, nel caso della Alan Kurdi, è la Germania.
Ogni nave, infatti, esponendo una determinata bandiera senza la quale non potrebbe navigare, viene considerata territorio giuridicamente riconosciuto di quel determinato Stato di cui appunto espone la bandiera, sancendone così la dipendenza sostanziale. Dunque, secondo questo principio, se una nave di una ONG che raccoglie migranti al largo delle coste libiche batte ad esempio bandiera francese, è alla Francia che deve rivolgersi per ottenere un porto in cui poter approdare. Il tribunale ha poi evidenziato che quando le coste del Paese di cui l’imbarcazione batte bandiera siano ritenute troppo lontane “la normativa non offre soluzioni precettive idonee ai fini di un intervento efficace volto alla tutela della sicurezza dei migranti in pericolo”. In questi casi dunque – continua il Tribunale dei Ministri – il soccorso ai migranti è affidato ad “una concreta e fattiva cooperazione tra gli Stati interessati”. Una sentenza che ha scatenato l’immediata risposta di Matteo Salvini che, attraverso un post Facebook, ha dichiarato: “I giudici ci danno ragione sulle ONG. L’Italia rialza la testa, è solo buosenso”. A questo punto bisognerà vedere se la decisione del Tribunale dei Ministri avrà conseguenze concrete sulla politica migratoria del governo giallorosso. Quel che è certo è che il principio stabilito dal tribunale romano crea un importante precedente nella gestione degli sbarchi delle ONG.
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