Alla fine ha vinto il buonsenso e l’operaio licenziato dopo il trapianto al fegato è stato ripreso in azienda. Il caso di Antonio Forchione, 55 anni, aveva suscitato scalpore. Dopo 27 anni di onorato servizio presso la Oerlikon Graziano di Rivoli, in provincia di Torino, ha dovuto subire un trapianto di fegato. L’operazione è andata bene, peccato che la doccia fredda per il metalmeccanico sia arrivata dall’azienda per cui ha sempre dato anima e corpo: «Mi hanno fatto una visita e mi hanno dichiarato inabile, mi hanno costretto a tre settimane di ferie forzate. Poi lunedì scorso mi è arrivata la lettera di licenziamento. È una vergogna essere trattati così dopo 27 anni. Io all’azienda ho dato davvero tanto», aveva raccontato.
La storia aveva sollevato un polverone e scatenato l’immediata solidarietà da parte dei colleghi che avevano proclamato uno sciopero di due ore su tutti i turni. Inevitabile la reazione dal mondo politico, con il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che aveva parlato di «un errore molto grave, che l’azienda deve immediatamente recuperare»: «Se una persona ha una situazione come questa l’azienda si deve prendere la responsabilità di garantirgli un’opportunità».
Anche Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, si era indignato: «Un gesto riprovevole, che non ha alcuna possibile spiegazione, se non quella di un tipo di gestione aziendale irresponsabile. Nel licenziare Antonio Forchione, al quale va tutta la mia vicinanza e la mia solidarietà, la Oerlikon ha dimostrato di non tener conto dei più elementari diritti dei lavoratori. Ci auguriamo dunque che l’azienda ritorni sui suoi passi e si sforzi di trovare una soluzione adeguata alle attuali condizioni fisiche del lavoratore, dal momento che quello dell’azienda è in questo caso un comportamento discriminatorio».
Non si era fatta attendere nemmeno la reazione dei sindacati, che avevano ricordato come quello di Forchione fosse il terzo caso analogo dopo quelli capitati nelle fabbriche di Bari e di Sommariva Bosco. Nicola Nicolosi, coordinatore nazionale di Democrazia Lavoro-Cgil, aveva attaccato la «logica degli affari che non guarda all’umanità necessaria quando ci sono lavoratori e operai che, colpiti da gravi malattie, sono considerati un peso insopportabile dalle aziende».
La multinazionale svizzera con sede a Zurigo a quel punto aveva cominciato a tergiversare, terrorizzata anche dalla ricaduta che la questione avrebbe avuto sulla sua immagine. I vertici della società avevano spiegato, attraverso un comunicato, di stare «valutando la possibilità di riconsiderare il licenziamento» e che «l’azienda e il suo dipendente continueranno nelle discussioni per trovare un positivo accordo che contemperi le intervenute e ostative limitazioni alla sua attività lavorativa con le sue necessità individuali».
Importante, dopo lo sciopero dei colleghi, anche l’intervento del presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino, che aveva contattato l’azienda svizzera: «I miei auguri ad Antonio Forchione, l’operaio ingiustamente licenziato dalla Oerlikon Graziano di Rivoli. Ho preso contatti con i rappresentati locali della multinazionale svizzera: mi hanno assicurato di voler ritirare la loro decisione che, prima di ogni altra cosa, presentava tratti di disumanità inammissibili».
Poi il lieto fine. La Oerlikon Graziano ha ritirato il licenziamento: Forchione riavrà il suo posto in azienda, probabilmente con una mansione diversa che gli permetterà comunque di portare a casa lo stipendio. A confermarlo Chiamparino: «I rappresentati locali della multinazionale svizzera mi hanno assicurato di voler ritirare la loro decisione che, prima di ogni altra cosa, presentava tratti di disumanità inammissibili».