Ci dicono spesso che in Italia abbiamo salari più bassi del resto d’Europa perché lavoriamo meno e peggio degli altri. E’ davvero così? I dati rilasciati recentemente dall’OCSE raccontano una realtà molto diversa, in cui l’Italia è uno dei Paesi dell’Unione Europea dove si lavora di più, con una media ore di molto superiore a quella della tanto esaltata Germania. Il problema, semmai, è che ogni ora di lavoro in Italia viene retribuita molto meno rispetto alla Germania (ma non solo). Lo stereotipo dei popoli del sud Europa come ‘cugini pigri’, di cui tanto si beano gli europei del nord, sembra così svanire davanti ai numeri. Guarda caso la Grecia è il Paese UE dove si lavora di più.
Ovviamente, se esiste una forbice così netta tra quantità di ore lavorate e stipendio percepito dal lavoratore, il problema è da ricercarsi non solo nel salario medio per ora ma anche nel funzionamento del sistema produttivo (in particolare nella produttività media). Prendiamo la Grecia, ad esempio: nel solo 2012 si sono registrate 2.034 ore per dipendente, quasi 300 in più di una media europea di 1.756. Da quando è iniziata la crisi si è avuto un aumento esponenziale delle ore lavorate. D’altro canto i salari marciano in direzione opposta: 20.100 euro nel 2012, contro una media europea di 30.200 euro. Secondo la ricerca il problema è da cercare in una organizzazione non razionale del lavoro, con misure minime per le forme di lavoro part-time e interventi nulli per quanto riguarda la qualità della vita del lavoratore (quell’equilibrio work-life che, invece, è una sorta di culto in Nord Europa). Questo influisce sulla qualità del lavoro. Il risultato del sistema squilibrato è che un’ora di lavoro in Grecia (nel 2012) valeva poco più di 34 dollari, oltre 20 in meno rispetto Francia e Danimarca (59,5).
In Italia
Lo stesso discorso potrebbe essere fatto per l’Italia, dove un’ora di lavoro nel 2012 valeva 46 dollari, sopra la Grecia ma comunque sotto ai partner europei. Il che ha prodotto uno stipendio medio annuo di 29mila euro, non in grado, secondo gli esperti, di far fronte alle necessità della crisi e di rilanciare i consumi. Anche da noi il problema è nel sistema ingessato e in un mercato del lavoro le cui regole vengono cambiate troppo spesso e quasi mai in senso positivo. Aggiungiamo il peso delle tasse sul lavoro e si capisce come mai la busta paga sia così leggera. Non è un problema di quantità ma di qualità: gli italiani nel 2012 hanno lavorato in media 1.752 ore, 200 in più dei colleghi della Danimarca e almeno 300 in più rispetto a quelli di Amsterdam o Monaco di Baviera.
La produttività si misura sia a livello individuale (quanto rende un singolo lavoratore) ma anche a livello sistema (quanto le regole facilitano il lavoro del singolo, salvaguardando la qualità della vita). Ecco perché in Danimarca possono permettersi di lavorare 100 ore in meno rispetto a noi, ma portando a casa quasi 10mila euro in più all’anno. Secondo le stime Ocse, a un totale di 1.546 ore lavorate corrisponde uno stipendio annuo di 35mila euro, con una produttività per ora pari a 59,5 dollari. Merito della cosiddetta ‘flex-security‘, meccanismo che unisce insieme flessibilità e welfare, in un circolo virtuoso che consente la settimana corta, un continuo (e senza scontri) ricambio generazionale e turn-over professionale a vantaggio di aziende e lavoratori. Diventare come la Danimarca per noi è pura utopia, ma magari imparare qualcosa dai cugini si può. Perché non è certo la voglia di lavorare che manca agli italiani!