La NASA ha portato a termine con successo il primo volo senza pilota di Orion, una capsula spaziale di ultima generazione adibita al trasporto umano. Il lancio, programmato per giovedì quattro dicembre, è stato rimandato di un giorno a causa di problemi tecnici che hanno richiesto alcuni interventi minori. Venerdì mattina, alle 7.05 orario di Cape Canaveral, Florida, il gigantesco razzo Delta IV è decollato con un rombo assordante, dando il via ad una missione di quasi quattro ore e mezza che ha portato Orion a compiere due orbite ellittiche attorno alla terra, arrivando fino a 5,800 kilometri di distanza dal nostro pianeta, per poi tuffarsi nell’Oceano Pacifico.
L’agenzia spaziale statunitense si è servita di un razzo prodotto dalla United Launch Alliance (ULA), una joint venture al cinquanta percento tra i celebri costruttori aeronautici americani Boeing e Lockheed Martin. Il razzo, modello Delta IV alimentato ad ossigeno e nitrogeno liquido, uno dei più potenti mai costruiti, ha accompagnato Orion fuori dall’atmosfera terrestre per poi scomporsi in diversi segmenti che sono ricaduti sulla terra. L’imponente Delta IV, un vero monumento alla curiosità umana, si è staccato dal suolo con successo, facendo tirare un sospiro di sollievo agli ingegneri della ULA. Solo il 28 ottobre scorso, un razzo Antares, prodotto dalla Orbital Science Corporation per voli commerciali verso la Stazione Spaziale Internazionale, è esploso in una gigantesca palla di fuoco dopo qualche secondo dall’essersi staccato dalla terra.
Orion, una capsula multifunzionale che sarà anche utilizzata per portare gli astronauti avanti e indietro dalla stazione spaziale, è ammarata nell’Oceano Pacifico con un minuto di anticipo sui calcoli degli astrofisici della NASA. Il test, senza pilota a bordo, è servito per analizzare il comportamento di Orion nelle fasi di volo spaziale e di rientro nell’atmosfera, quando lo scudo termico della capsula è arrivato a dover sopportare temperature due volte superiori a quella della lava fusa, intorno ai 2.200 gradi. Per la NASA un altro passo verso Marte è stato compiuto. Orion potrà essere la capsula che porterà l’uomo sul pianeta rosso in un futuro che l’agenzia spaziale americana vede ormai prossimo arrivando addirittura a sostenere che generazioni ora in vita saranno testimoni dell’incredibile impresa. Gli strumenti di bordo hanno raccolto informazioni utili al primo volo con equipaggio, che è previsto intorno al 2018; per allora, la NASA spera di non dover più fare affidamento esclusivamente alle capsule spaziali russe, le Soyuz, per svolgere il servizio di navetta tra la terra e la Stazione Spaziale Internazionale.
Scoprire il nuovo mondo nel 2014 richiede più di tre caravelle. Il progetto Orion è costato ai contribuenti 375 milioni di dollari, suscitando le critiche di chi ritiene che la scoperta dello spazio sia di secondaria importanza rispetto ai problemi che ci affliggono qua sulla terra. Lo spirito d’avventura e di scoperta muove l’uomo verso l’ignoto dall’alba dei tempi, ma la NASA si è vista ridurre notevolmente il budget dalla fine della Guerra Fredda e della corsa allo spazio. Nonostante questo, gli scienziati dell’agenzia spaziale americana hanno in agenda la scoperta di nuovi mondi che sostengano la vita umana. Un’idea che per noi ora è poco più che fantascienza, anche se bisogna ricordare che l’idea di un uomo sulla luna avrebbe fatto ridere solo cinquant’anni prima di essersi realizzata.
L’uomo fa i conti con i suoi contemporanei e con la tecnologia a lui disponibile per prendere la rotta dell’ignoto. La curiosità, uno dei tratti caratteristici della nostra specie, è ciò che spinge l’esploratore a scommettere tutto, anche la propria vita, per vedere cosa c’è, là, dove lo sguardo non arriva.
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