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Sta commuovendo e indignando il mondo la vicenda dell’orso polare in Cina, rinchiuso con aria spaesata e sofferente in quello che è già stato ribattezzato lo ‘zoo più triste del mondo’: grazie ad un video diffuso sul web, in ogni angolo del pianeta si è potuto testare con i propri occhi la pena dell’animale, che ha fortunatamente attirato l’attenzione anche di alcune associazioni animaliste, che si stanno prodigando affinché l’orso possa essere, se non liberato, quanto meno trasportato in una struttura più adatta alle sue esigenze: ma almeno per il momento il suo trasferimento in una struttura nel Regno Unito è stata bloccato dai dirigenti cinesi dell’attuale zoo. Decisamente non è un bel periodo per gli orsi polari, dopo la morte poco tempo fa di Arturo, considerato fino ad allora l’esemplare più triste al mondo per le sofferenze patite in una vita da recluso. Un titolo ben poco gradito che ora sembra spettare di diritto al plantigrade rinchiuso nello zoo cinese.
L’orso condivide la medesima sorte avversa con un esemplare di beluga, un tricheco e un lupo, tutti reclusi senza colpa in una strana struttura che si trova all’interno di un centro commerciale, il Grandview Aquarium, alla mercé del popolo dei selfie che può così avere un bel soggetto con cui farsi un autoritratto da diffondere poi sui social network, per strappare qualche ‘like’ in più. Fortunatamente i nuovi mezzi di comunicazione di massa non fungono solo da ripetitori dell’idiozia globale, come troppo spesso accade, ma possono essere anche cassa di risonanza per denunciare i problemi portandoli all’attenzione dell’opinione pubblica: è quello che hanno fatto gli attivisti dell’associazione Animal Asia, che ha lanciato una petizione affinché gli animali di questo triste zoo possano essere liberati o trasferiti verso strutture che possano farli vivere in condizioni più dignitose. Tuttavia nonostante più di 580mila persone abbiano finora firmato la petizione per la sua liberazione, l’offerta di trasferimento nella struttura britannica è stata rifiutata dai dirigenti cinesi dello zoo con questa motivazione: ‘Siamo un acquario conforme alla legge, gestito secondo gli standard cinesi e che tutelano i diritti degli animali. In futuro se ci sarà bisogno di rafforzare la tutela dei diritti e il benessere degli animali lo faremo‘.
Guardando le immagini è difficile restare indifferenti alla sofferenza dell’orso, che appare accasciato su un fianco con aria desolata, evidentemente sofferente e fuori luogo nella noncuranza del popolo del centro commerciale, che distrattamente scattano foto e girano filmati tra un acquisto e l’altro. La petizione continua inesorabile a raccogliere firme, e Dave Neale, responsabile dell’associazione, afferma che i proprietari dello zoo hanno confermato la promessa dei dirigenti dello zoo cinese riguardo il miglioramento del benessere degli animali, ‘ma sembra che i responsabili non si rendano neanche conto che così gli animali non possono essere detenuti, o sopravvivere‘, è l’amaro commento di Neale. Nel frattempo però la protesta non si placa, e tanta eco mediatica porterà comunque i responsabili della struttura a consultare degli esperti provenienti dal Giappone per trovare condizioni migliori per gli animali, secondo quanto hanno loro stessi dichiarato: resta però l’immagine terribile di questo orso, che insieme ai suoi compagni di sventura viene considerato un’attrazione per il popolo, senza tener minimamente conto delle esigenze di cui ha bisogno, una prospettiva cinica e indifferente che sembra venire da epoche remote, e non dal 2016.
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