La situazione che si è vista domenica al San Camillo di Roma, è quella che è vista già al Cardarelli di Napoli, è quella che si vede tutti i giorni in ciascun ospedale.
I Pronto Soccorso degli ospedali italiani sono al collasso. Questa situazione ormai va avanti da anni, ma ora stiamo arrivando al limite. I medici, gli infermieri, gli Oss, tranne rarissime eccezioni, che si contano sulla punta delle dita, fanno di tutto per lenire le sofferenze, di chi arriva in Nosocomio per un problema.
E poi sono loro, mal pagati e sfruttati, ad essere in trincea, a prendersi tutte le responsabilità di salvare delle vite umane, e spesso anche gli insulti delle persone presenti, e dei famigliari. Il lavoro forse più prezioso della nostra comunità ridotto ad essere una porcilaia, dove le persone vengono ammassate per ore sui lettini, senza conoscere il proprio destino.
Perché è questo che sta succedendo nella maggior parte dei Pronto Soccorso, in tutte le maggiori città di Italia, e anche, molto spesso, nelle località più piccole. Prima del Covid questa situazione era al limite dell’esplosione, ora c’è stata la deflagrazione.
Ma andiamo sul punto. Domenica scorsa, nei sette più grandi ospedali della Capitale, erano presenti nei vari Pronto Soccorso 334 pazienti, quindi circa 40 persone per Ospedale. Di questi, la stragrande maggioranza, 323 persone, stavano aspettando che si liberasse un posto letto in uno dei reparti.
Quindi, ammassati in piccole stanze di aspetto, o nei corridoi dei PS, c’erano decine e decine di persone. Chi in attesa di essere ricoverato, chi di finire gli esami prestabiliti, chi doveva ancora iniziare, chi aspettava il foglio per tornare a casa.
Ecco la scena che si trova dinanzi una persona che, magari dopo aver lavorato una vita, e aver sempre pagato le tasse, le capita di dover essere portata in Ospedale con urgenza.
E chi sta peggio, paradossalmente, non sono gli assistiti che comunque sono riusciti ad arrivare in Ospedale, perché li i medici comunque sono presenti se uno sta male. Chi sta peggio sono le persone che chiamano l’ambulanza e non la vedono arrivare. E rischiano a volte di morire.
E questo succede non per colpa di chi lavora in ambulanza, che spesso fa turni massacranti. Ma il disagio si crea quando, dopo aver portato un paziente al PS, i barellieri non hanno lettighe dove metterli, perché sono tutte piene. E quindi, non potendo riportare la barella nell’autoambulanza, non possono ripartire e andare a prendere un’altra persona.
E questa situazione assurda, sarà sempre destinata a peggiorare. Perché i medici cercano di scappare dal Pronto Soccorso, perché non vedono riconosciuto il loro lavoro, spesso fatto da turni di 12 ore, con aumenti di stipendio ridicoli rispetto a colleghi di altri reparti.
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