Non solo dalle foreste arriva l’ossigeno della Terra, un polmone sempre più provato dai milioni di ettari sradicati dall’ingordigia dell’uomo: una buona metà giunge infatti dagli oceani, e più precisamente da quei microrganismi che vivono nelle acque superficiali, il plancton, che grazie alla fotosintesi clorofilliana ci regala l’aria che respiriamo ogni attimo della nostra vita. La scoperta di questo ‘secondo polmone’ è dovuta al prezioso lavoro della goletta Tara, che dal 2009 al 2013 ha raccolto i campioni di 35mila specie di microrganismi marini navigando a vela lungo 140mila chilometri sparsi tra un oceano e l’altro.
Il plancton rappresenta la base di tutta la catena alimentare del mare, e grazie al lavoro della goletta Tara oggi sappiamo che è formato da 40 milioni di geni, un vero e proprio Dna marino dalle dimensioni gargantuesche: per fare un paragone, l’uomo ne ha appena 20mila. Questa risorsa fondamentale degli oceani rappresenta il polmone più antico del pianeta, come spiega anche Marcia McNutt, direttrice della rivista Science, che ha pubblicato in diversi articoli i primi risultati di Tara: ‘Non solo gli oceani ci forniscono metà dell’ossigeno che respiriamo. Assorbono anche il 90 per cento del calore causato dai gas serra e un quarto dell’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili‘. Dunque il plancton è una risorsa fondamentale anche per combattere l’inquinamento causato dall’uomo, e presenta al suo interno moltissime varietà, non limitandosi ad essere soltanto nutrimento per pesci e cetacei.
‘Le minuscole creature del mare sono più numerose delle stelle dell’universo e rappresentano le fondamenta di tutte le catene alimentari del mare. Producono e consumano metà del materiale organico generato sulla Terra‘, commentano sulla rivista i biologi americani Virginia Armbrust e Stephen Palumbi, mentre un altro biologo, Chris Bowler del Centre national de la recherche scientifique di Parigi, illustra un dato interessante, ovvero come il livello di calore dell’acqua determini la presenza o meno di certe specie di plancton, un indice fondamentale in un periodo storico come questo sconvolto dai cambiamenti climatici. Questo significa infatti che il surriscaldamento dei mari influenza non soltanto le rotte dei pesci, ma erode anche la base della loro catena alimentare.
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