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Agli occhi dell’intera comunità era un padre adottivo modello, ma in realtà sarebbe stato il peggior pedofilo della Russia. Viktor Lishavsky, 37 anni, di Amursk, città nella regione di Chabarovsk, Siberia sudorientale, è stato arrestato lo scorso giugno con l’accusa di essere responsabile di oltre 900 casi di violenze sessuali, ai danni delle figlie adottive e affidatarie. Secondo il Daily Mail, che cita diverse fonti locali, l’uomo avrebbe abusato di cinque ragazzine di età compresa tra i 13 e i 17 anni di cui era tutore legale, trattandole come “schiave sessuali” del suo “harem” degli orrori. L’arresto risale a mesi fa ma solo ora filtrano i dettagli della storia, a partire dall’identità di Lishavsky: se le accuse verranno confermate in tribunale, il 37enne sarebbe il peggior pedofilo della storia del Paese.
Secondo quanto svelato dai media russi, le violenze sarebbero avvenute dal 2012 al 2017, fino al momento del suo arresto. Per lungo tempo dunque nessuno avrebbe sospettato di Lishavksy, di professione calzolaio e membro rispettato nella comunità proprio per il ruolo di padre adottivo e affidatario di 9 ragazzine di cui si era fatto carico con la moglie, al momento non indagata, con cui ha avuto tre figli naturali.
Le prime accuse sono arrivate da una ragazza affidata alle sue cure che avrebbe svelato le sevizie subite a un’insegnante, facendo scattare così le indagini: anche le altre ragazze date in affido avrebbero confermato le violenze subite a loro volta, facendo crescere il conteggio dell’orrore.
Dai rapporti visionati dai media locali, l’uomo sarebbe accusato di 248 stupri più altri 358 “atti sessuali violenti” nei confronti di ragazze di età pari o inferiore a 13 anni; a queste si aggiungerebbero altri 22 casi di “atti violenti di natura sessuale” contro ragazze di età inferiore ai 14 anni.
Secondo le accuse, Lishavsky avrebbe inoltre commesso altri 11 stupri di “particolare crudeltà”, aggiungendo anche minacce di morte in caso di denuncia da parte delle piccole vittime.
Dai racconti delle ragazzine è emerso che l’uomo aveva affittato un appartamento con i soldi che prendeva dallo Stato per l’affido, circa 300 euro a bambino: qui di notte violentava le figlie adottive, tutti i giorni o a giorni alterni, a volte anche torturandole. Secondo il sito Mash, che cita fonti di polizia, Lishavsky sarebbe accusato di altri 122 crimini di “natura sessuale con l’uso della violenza, o minaccia di violenza” e di 151 accuse di “rapporti sessuali grazie allo sfruttamento della condizione di mancata difesa della vittima” contro minorenni tra i 14 e i 17 anni.
Quando il caso è venuto a galla per la prima volta, le forze dell’ordine avevano parlato di un uomo accusato di 729 reati sessuali, senza svelarne l’identità: oggi la cifra sarebbe salita a 919. Secondo quanto dichiarato dal network locale Ren TV, il 37enne avrebbe considerato “le ragazze come il suo harem personale”.
Sotto accusa sono finiti anche i servizi sociali della regione di Chabarovsk, che ora si dicono “profondamente scioccati” dalle accuse contro un uomo che consideravano un “padre adottivo modello”: Alla Kuznetsova, ministro regionale per l’educazione nella regione, ha confermato che la famiglia aveva ricevuto diverse ispezioni da parte dei servizi sociali, senza destare sospetti e anzi, venendo additata come modello di riferimento.
Sotto accusa è ora finito anche il sistema di adozione e affido, nato in Russia dopo la chiusura di molti orfanotrofi voluta da Vladimir Putin che avrebbe portato ad altri casi di abusi e violenze da parte di genitori affidatari.
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