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Ancora una conferma che va nella direzione della morte violenta. Gli esami istologici eseguiti nel corso della seconda autopsia sul corpo di Pamela Mastropietro, uccisa a Macerata, confermano che la ragazza era ancora viva quando è stata stordita con un colpo alla testa e poi uccisa a coltellate, con almeno due colpi inferti al fegato e all’addome. In seguito è stata smembrata e le parti del corpo sono state lavate con la candeggina, nel tentativo di cancellare le tracce: escluso al momento l’espianto degli organi, viene confermata l’assenza di pelle dal collo mentre gli organi genitali risultano completamente distrutti, forse per cancellare le prove di una violenza sessuale. Gli inquirenti hanno fermato un’altra persona, un nigeriano di 40 anni ma solo per accertamenti irripetibili per un totale di 4 indagati: al momento non risulta essere stato presente nell’appartamento dove viveva Innocent Oseghale, il primo fermato dai Carabinieri.
Se il nuovo esame eseguito dal professor Mariano Cingolani, su incarico della Procura, non ha ancora scoperto la vera causa della morte della giovane, ancora manca il movente per quello che si profila sempre più come un efferato delitto. Tante le ipotesi anche riportate dalla stampa, dalla violenza sessuale fino a una sorta di rituale del paese d’origine dei fermati, tutti nigeriani, ma ancora nessuna certezza se non quella di un delitto compiuto da più persone.
Per la morte di Pamela rimangono in carcere Innocent Oseghale e Lucky Desmond (29 e 23 anni) e un terzo connazionale, fermati con l’accusa di omicidio, occultamento e vilipendio di cadavere: nel registro degli indagati anche una quarta persona.
Le prove materiali raccolte dai Ris nella casa di via Spalato a Macerata sono comunque tante e importanti, nonostante l’uso di candeggina: gli esperti hanno trovato tracce di sangue nell’appartamento, sul terrazzo e nella lavatrice, rimaste probabilmente dopo il lavaggio degli indumenti degli assassini o di chi ha fatto a pezzi il corpo della giovane.
Gli investigatori hanno trovato anche tracce di liquido seminale e impronte di mani e piedi disseminate nell’appartamento; ora le indagini si sono concentrate sull’auto del tassista che avrebbe portato Oseghale e i due trolley con i resti della ragazza fino alla villetta in periferia.
Resta incerto il ruolo del quarto indagato che avrebbe avuto contatti telefonici con i tre sospettati ma che non risulterebbe presente nella casa di Macerata: il suo cellulare non avrebbe agganciato la cella nei pressi dell’appartamento.
L’ipotesi della morte per droga è ormai cancellata dopo la seconda autopsia, andando a confermare quanto sostenuto dagli investigatori, cioè che la dose di eroina che la 18enne assunse quel giorno non era letale.
Dai primi esami emerge anche un altro dettaglio. Secondo il professore Cingolani, chi ha infierito sul corpo di Pamela era molto esperto e ha agito in modo da nascondere le evidenze scientifiche il più possibile, specie su alcune parti del corpo che avrebbero potuto stabilire se fosse stata violentato o strangolata.
Per farlo, ha spiegato ancora il professore, sarebbero servite più persone, di certo esperte, forse “un macellaio o un chirurgo”, o comunque una persona in grado di operare con tale meticolosità e professionalità.