Un’accusa di peculato è quella che pende sul senatore Paolo Romani, ex fedelissimo di Berlusconi ed, ora, appartenente al partito “Cambiamo”. Alcune operazioni sospette sul conto bancario del suo ex partito hanno attirato l’attenzione della Guardia di Finanza.
Il senatore avrebbe sottratto migliaia euro al suo vecchio partito. Le indagini sono in corso.
Il senatore Paolo Romani accusato
Paolo Romani, senatore del partito Cambiamo, ed ex appartenete al gruppo di Forza Italia, risulta indagato a Monza. Da quanto è stato fatto sapere dalla Procura, attraverso una nota diffusa, l’accusa è di alcuni episodi di peculato, tre per la precisione, con una complessiva sottrazione di 350mila euro.
Quando era tra le file di Forza Italia, Romani aveva delega di poter operare sul conto del partito stesso di Berlusconi. Per questo tipo di indagine, era già stato interrogato, avvalendosi della facoltà di non rispondere, dai giudici lo scorso 8 luglio.
Un’accusa che si affianca già ad un’altra pendente su di lui, quella di corruzione, per una vicenda legata ad una presunta tangente di 12mila euro, a Bergamo.
Durante l’interrogatorio dell’8 luglio, Romani, al suo non rispondere, per mano dei suoi avvocati, si era riservato di produrre la documentazione necessaria alla Procura che lo aveva interrogato, anche fornendo poi delle dichiarazioni spontanee.
Ma le indagini della Guardia di Finanza sono andate avanti, guidate proprio dai Pubblici Ministeri di Monza, perché alcune operazioni bancarie sul conto dell’ex partito del senatore, sono risultate sospette e che risalivano agli anni 2015 – 2018, quando lui aveva la delega proprio al conto del partito al quale apparteneva.
Secondo le indagini, Romani si sarebbe appropriato di alcune somme di denaro in modo improprio.
Avendo la delega ad operare sul conto bancario di Forza Italia, all’inizio circa 83mila euro che ha prelevato emettendo quattro assegni emessi a sua firma (cosi come si legge dalle carte della Procura), intestati a se stesso e che, poi, avrebbe versato sul proprio di conto corrente.
Il denaro, sottratto al partito, finiva su vari conti correnti
Insieme, poi, al legale di una società (che è finita in liquidazione), tale Domenico Pedico, il Romani ha ripetuto questa operazione descritta prima.
I due, uniti fra loro, si sono appropriati di altri 180mila euro, sempre con la modalità di emissione di assegni, da parte di Romani, da circa 15mila euro a favore di Pedico, e i restanti fondi a favore della società di quest’ultimo che, come abbiamo detto, poi è andata in liquidazione.
Gli assegni fatti venivano incassati da Pedico sui propri conti correnti. Ma la cosa non si fermava qui. Come Pedico incassava, quasi immediatamente venivano restituiti a Romani, con altrettanti assegni, dai conti di Pedico a quelli di Romani.
Paolo Romani, quindi, ha intascato più di 95mila euro per finalità che non avevano nulla a che vedere con quelle di partito. Da qui le indagini e le relative accuse.