Il Consiglio europeo ha aggiornato la lista dei paradisi fiscali, ovvero di quei Paesi che garantiscono un prelievo fiscale basso o addirittura nullo e che costituiscono una sorta di rifugio per l’evasione delle tasse. Entrano a far parte della lista Anguilla, territorio britannico d’oltremare situato nei Caraibi, e Barbados. Fuori dall’elenco, invece, le isole Cayman e l’Oman che hanno approvato le riforme necessarie a migliorare il proprio quadro di politica fiscale.
Anguilla e Barbados sono state inserite all’interno dell’elenco stilato dall’Unione europea in conseguenza ai rapporti pubblicati dal Forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali, che ha declassato i rating di Anguilla e Barbados a “non conforme” e “parzialmente conforme” allo standard internazionale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni su richiesta.
Alla luce di questo aggiornamento sono dodici le giurisdizioni rimaste nell’elenco dell’Unione: Samoa americane, Anguilla, Barbados, Figi, Guam, Palau, Panama, Samoa, Seychelles, Trinidad e Tobago, isole Vergini americane e Vanuatu.
Le Isole Cayman, prosegue la nota del Consiglio europeo, sono state rimosse dall’elenco dei cosiddetti “paradisi fiscali” dopo aver introdotto nuove riforme all’interno del proprio quadro sui fondi di investimento collettivo lo scorso settembre.
L’Oman è stato considerato conforme a tutti i propri impegni dopo aver ratificato la convenzione Ocse sulla mutua assistenza amministrativa in materia fiscale, oltre che per aver emanato una legge che permette lo scambio automatico di informazioni e per aver intrapreso tutte quelle misure ritenute necessarie per attivare i suoi rapporti di scambio di informazioni con gli Stati membri dell’Unione.
La lista stilata dall’Ue interessa un insieme di paesi che non fanno parte dell’Unione europea e che incoraggiano pratiche fiscali abusive che erodono i gettiti fiscali degli Stati membri provenienti dalle imprese. L’individuazione di questi Paesi permette agli Stati membri di agire insieme per esortare e incoraggiare suddetti paesi ad attuare le riforme.
L’obiettivo principale non è dunque quello di stigmatizzare tali paesi ma, al contrario, quello di incentivare gli stessi a un cambiamento positivo nelle rispettive legislazioni e prassi fiscali tramite la cooperazione. Le giurisdizioni non ancora conformi a tutte le norme fiscali internazionali, ma che comunque si sono attivate per avviare le riforme, figurano in un documento sullo stato di avanzamento. Una giurisdizione viene eliminata dalla lista una volta che soddisfa tutti i suoi impegni.
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