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Patente a punti: luci e ombre dopo 13 anni

La patente a punti è buona o cattiva? Serve a prevenire gli incidenti o è solo uno dei tanti impedimenti burocratici? Le statistiche ufficiali non consentono di dare una risposta netta, anche perché la realtà è sempre più complicata di quello che dicono i numeri.

Il ministero dei Trasporti ha diffuso dati relativi ai punti tolti sulle patenti dei conducenti italiani dal momento della sua istituzione, 30 giugno 2003, al 31 dicembre 2014. I numeri assoluti fanno certamente effetto. In seguito alla contestazione di 25.480.907 infrazioni al Codice della strada, sono stati tolti 104.816.587 punti. A grandi linee, si tratta di una media di circa 4 punti persi ad ogni infrazione. Sono anche 9,1 milioni di punti persi ogni anno, suddivisi in 2,2 milioni di infrazioni all’anno. Per avere un’idea generale dell’impatto, alla fine del 2014 circolavano in Italia 49,1 milioni di veicoli terrestri a motore.
Inoltre, in conseguenza delle infrazioni citate, sono state azzerate 184.737 patenti. Tutti i titolari di queste patenti hanno dovuto nuovamente sostenere l’esame di abilitazione.

I dati dicono inoltre che negli ultimi tre anni (del periodo considerato) sono aumentate le infrazioni per eccesso di velocità tra i 10 e i 40 Km/h. Tradotto in punti persi, erano oltre un milione nel 2014 contro gli 820mila del 2012. Nella seconda posizione tra le infrazioni c’è il passaggio col semaforo rosso, circa 260mila, senza grandi variazioni negli ultimi tre anni.
Vuol dire che gli italiani sono diventati recentemente ancora più indisciplinati su velocità e semafori, nonostante i punti?
Interpretiamo correttamente la realtà. Negli ultimi anni sono aumentate in maniera esponenziale le installazioni di autovelox e telecamere ai semafori. Quindi è ovvio che siano aumentate le infrazioni rilevate. Queste apparecchiature sono estremamente redditizie, perché permettono d’incassare somme enormi di denaro che finiscono nelle casse delle amministrazioni pubbliche, comuni in prima linea.

Ma le infrazioni per le quali la rilevazione richiede la presenza fisica di una pattuglia, come stato di ebbrezza, uso illegale del telefono, mancato uso delle cinture e dei seggiolini per bambini, non sono aumentate in proporzione alle prime. Non perché le violazioni siano diminuite, ma perché sono diminuiti i pattugliamenti. Per il semplice fatto che i tagli alle spese pubbliche si sono concentrati su questo particolare. Il pattugliamento è poco redditizio per le casse dei comuni.
D’altra parte, leggendo le statistiche dell’Istat sul numero d’incidenti stradali, osserviamo che nello stesso periodo i morti sono scesi da circa 6.500 a 3.381 e i feriti sono calati da circa 350.000 a 251.147. Sì, una certa attenzione maggiore alla guida c’è stata, ma non molta; la maggior parte del merito va invece all’enorme miglioramento tecnologico dei veicoli nelle dotazioni di sicurezza.
Quindi per il momento si può avanzare l’ipotesi che l’introduzione della patente a punti non abbia sortito gli effetti sperati dal punto di vista della sicurezza stradale, ma solo un piccolo progresso.

Perché i punti sono gratis; le multe automatiche con autovelox e telecamere piazzati e segnalati in modo subdolo non fanno rallentare chi corre e non lo costringono a fermarsi al rosso; non fanno smettere di bere o drogarsi prima di guidare e non spengono il telefono. Gli unici veri deterrenti sui comportamenti pericolosi sono le sanzioni economiche nella giusta proporzione e l’essere fermati fisicamente da una pattuglia, che può subito valutare l’effettiva pericolosità del comportamento e agire di conseguenza. Solo le pattuglie ben visibili possono interrompere o prevenire un pericolo: il resto sono solo chiacchiere e scuse per incassare denaro.

Roberto Speranza

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