Un’ora fa circa Patrick Zaki è stato rilasciato dalla struttura penitenziaria dove si trovava e ha potuto riabbracciare i suoi cari. Il ricercatore ha ringraziato Bologna, il Rettore e tutti i cittadini che hanno lottato per la sua liberazione e ha aggiunto di voler tornare in Italia il prima possibile, anche se per il momento andrà a Il Cairo.
Dopo la grazia ricevuta ieri dal presidente egiziano Al Sisi, poche ore fa Patrick Zaki, il ricercatore studente dell’università di Bologna è stato rilasciato dall’edificio della Direzione di Polizia di Nuova Mansura e ha finalmente potuto riabbracciare i suoi familiari da uomo libero dopo anni dietro le sbarre. Il 32enne ha ringraziato l’università emiliana e i cittadini che in questi lunghissimi mesi si sono spesi per supportare la sua causa, e ha espresso il desiderio di tornare presto in Italia, anche se per ora andrà a Il Cairo.
Due ore fa Patrick Zaki è stato rilasciato dall’edificio di Direzione di polizia di Nuova Mandura dove si trovava e ha riabbracciato il padre, la madre, la sorella e la fidanzata Reny Iskander che lo aspettavano oltre le transenne. Ieri aveva ricevuto la grazia presidenziale da Al Sisi, a poco più di 24 ore dalla condanna a tre anni da parte del tribunale della città egiziana.
“Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile, speriamo che avvenga presto. Sto pensando a ritornare a Bologna, ad essere con i miei colleghi all’università. Ora torno al Cairo” le prime parole del ricercatore e neolaureato all’università di Bologna, che subito dopo non ha mancato di ringraziare parlando con i giornalisti dell’ANSA.
“Un grazie a Bologna, un grazie all’Università, al rettore, a chiunque lì, alla mia gente a Bologna. Sono parte della comunità di Bologna, appartengo a loro, sicuramente. Sono veramente contento per quello che hanno fatto per me da anni. Hanno dimostrato un vero impegno nei confronti del mio caso e adesso sono libero” ha aggiunto Patrick.
“Voglio aggiungere un grazie ai componenti del Dialogo nazionale che hanno lanciato appelli per me negli ultimi due giorni e che hanno fatto anche altri sforzi per rendere possibile questo momento e rendermi la libertà” ha quindi detto Zaki. “Non so nulla di quello che è avvenuto negli ultimi due giorni. Ora ripartiamo da capo e poi ci possiamo pensare” ha poi aggiunto, riferendosi alla possibilità di aver ricevuto l’interdizione a viaggiare.
Il calvario del ricercatore inizia nel febbraio del 2020, quando dopo essere atterrato all’aeroporto de Il Cairo, viene arrestato dagli agenti di polizia egiziani. In passato Zaki aveva animato le elezioni presidenziali egiziane del 2018, schierandosi apertamente a favore di Khaled Alì, che poi aveva dovuto abbandonare a seguito di attacchi contro i suoi collaboratori. Inoltre Patrick aveva fatto parte dell’Egyptian Initiative for Personal Rights e proprio nel 2019 si era iscritto all’università di Bologna per seguire un master in studi di genere.
L’8 febbraio del 2020, dopo ore dal suo prelevamento, si presenta davanti alla procura di Mansura, per la convalida dell’arresto. Le accuse, per lui, sono di minaccia alla sicurezza nazionale, sovversione, incitamento a manifestazione illegale, propaganda al terrorismo e diffusione di notizie false. A scatenare tutto ciò, un suo articolo del 2019 su degli attacchi dell’Isis e degli episodi di discriminazione ai danni della popolazione copta, ovvero di religione cristiana in Egitto.
Il suo avvocato denuncia quanto sofferto dal suo assistito durante il primo interrogatorio, nel quale sarebbe stato bendato e torturato anche con scariche elettriche per 17 ore di fila, con domande circa il suo soggiorno in Italia e il suo presunto legame con i familiari di Giulio Regeni. Tutte accuse rimandate al mittente da parte delle forze dell’ordine locali.
Successivamente, Patrick viene incarcerato prima nella prigione di Mandura e poi in quella de Il Cairo, dovendo affrontare condizioni di soggiorno durissime, dormendo per lungo tempo sulla terra, usando la coperta come sottile materasso. Intanto, anche a causa della pandemia da Covid 19, le sue udienze subiscono continui rinvii finché il 18 luglio arriva per lui la condanna a 3 anni di carcere, effettivi ancora 1 anno e 2 mesi, considerando i 22 mesi trascorsi già dietro le sbarre.
24 ore dopo, arriva la grazia di Al Sisi, “È importante che sia arrivato questo provvedimento: non cancella una condanna ingiustificata nei confronti di Patrick, ma lo rende libero. E speriamo lo renda libero definitivamente anche di viaggiare” sottolinea tuttavia Riccardo Noury di Amnesty International.
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