Sul Patto del Nazareno ci sono state illazioni, misteri, insinuazioni ma anche qualche chiarimento, almeno prima che venisse rotto. Che esistesse e che fosse addirittura scritto lo disse Giovanni Toti, eurodeputato di Forza Italia e uno dei fedelissimi di Silvio Berlusconi, nel corso della rassegna culturale Ponza D’Autore lo scorso novembre. “È un semplicissimo foglio di carta che prevede alcune tappe schematiche del processo di riforma”, ha spiegato Toti. “Una cosa semplicissima nella sua banalità, un appunto scritto a penna sulle cose da fare. La legge elettorale per cui la partenza era il modello spagnolo, e riguardo il Senato prevedeva tre clausole: la non elettività, il non compenso, e la fine del bicameralismo, ovvero la doppia approvazione delle leggi”. Non ci sono le firme in calce, ha rivelato ancora l’eurodeputato. La grafia non è quella dell’ex Cavaliere, forse, insinua, è di Denis Verdini, se non del vicesegretario PD Lorenzo Guerini.
Un “mero documento di lavoro”, insiste Toti, senza clausole segrete, come da più parti, M5S in primis, ventilato. L’accordo è non solo verbale ma scritto e le cose ora potrebbero avere una valenza politica più profonda. Dunque il Patto siglato da Matteo Renzi e Silvio Berlusconi non era solo un accordo di massima sulle riforme, ma un tracciato su cui lavorare: essendo scritto, è più difficile da raggirare. Non è certo vincolante, ma è comunque una traccia da cui sarà quasi impossibile uscire.
Cos’è il Patto del Nazareno? Con questa definizione si identifica l’accordo siglato dal premier Renzi con Berlusconi il 18 gennaio 2014 nella sede del PD, in via Nazareno a Roma. L’incontro tra i due leader politici sollevò non poche polemiche soprattutto a sinistra, dove in molti non gradirono la presenza dell’avversario di sempre nella sede del partito. L’accordo blindava la riforma elettorale con la creazione dell’Italicum, e quella del Senato. Le notizie circolate negli ultimi giorni vedevamo anche una terza voce, fondamentale per Forza Italia: la riforma della giustizia. Il M5S ne è certo e anche il Fatto Quotidiano lo ha scritto, forte delle parole che Berlusconi avrebbe detto nel corso di un’assemblea con i parlamentari. “Dobbiamo votare l’abolizione del Senato perché nel patto c’è anche l’impegno a riformare insieme la giustizia”, ha ricordato l’ex premier.
Che il Patto del Nazareno sia scritto non è difficile da credere. Chi ha seguito Renzi anche solo nelle vesti di premier, ha di certo notato la sua propensione a prendere appunti o a lavorare su cose scritte. Lo ha fatto anche per l’incontro con il M5S. Il monito “verba volant scripta manent” per il Presidente del Consiglio sembra una regola base dell’attività politica, specie quando si mette mani a un pacchetto di riforme che manca da decenni. In sostanza però, che sia scritto od orale, poco incide nell’attività politica dei due schieramenti: la parola data in politica pesa quasi quanto quella scritta, senza dimenticare che le promesse, messe nero su bianco in ogni tornata elettorale da chiunque, fanno un’enorme fatica a diventare realtà.
Se le parole di Toti sono vere, allora il famoso Patto è un documento di lavoro, un tracciato delle cose da fare decise insieme tra FI e PD. Nulla di male se non fosse che, da Forza Italia si sono sollevati dubbi sulla sua esistenza, visto che Renato Brunetta dice di non averlo mai visto, almeno fino alla rottura dell’accordo.
Che l’eurodeputato abbia voluto rafforzare la sua vicinanza a Berlusconi, contrapponendosi con le altre fazioni interne a Forza Italia e soprattutto a Denis Verdini? Probabile. Le sue parole hanno però sollevato la stessa richiesta da destra e da sinistra: se il Patto del Nazareno è scritto, che venga reso pubblico. Lo ha chiesto Brunetta, lo ha fatto anche Pippo Civati, lo hanno ripetuto dal MoVimento 5 Stelle: per togliere ogni dubbio, a questo punto sarebbe stato meglio renderlo pubblico, ma forse ora è troppo tardi.