Lo scorso venerdì il clochard Giovanni Piccolo ha perso la vita in un incendio provocato da una stufa che avevo acceso per riscaldarsi. I concittadini gli pagheranno i funerali
Lo scorso venerdì il 66enne clochard Giovanni Piccolo è stato trovato morto lungo la sponda del Ticino, a San Lanfranco (PV), bruciato vivo dall’incendio causato da una stufa che aveva acceso per riscaldarsi.
Originario di Voghera (PV), sino a qualche anno fa lavorava come muratore. Poi niente è andato come doveva e ha perso tutto.
Giovanni, che soffriva anche di alcuni problemi di salute, aveva trovato rifugio in una delle casette disabitate che si trovano lungo il Ticino. Secondo le testimonianze raccolte dagli inquirenti, anche venerdì pomeriggio Giovanni si sarebbe trovato all’interno del capanno abbandonato nel quale aveva portato una piccola stufa che evidentemente si è danneggiata. Così l’uomo, per effetto delle esalazioni, prima si è addormentato, poi quando la casetta si è incendiata, è morto bruciato vivo.
Don Franco, il parroco del “Ss.mo Salvatore” e della Chiesa del “Sacro Cuore” di Pavia, ha affidato il ricordo dell’uomo a Fanpage.it “Era una persona capace di toccare il cuore delle persone“. Ancora “stiamo preparando il funerale e tantissimi mi hanno chiesto di poter dare un contributo“.
Don Franco conosceva Giovanni da diverso tempo, sin da quando era responsabile della comunità “Casa del Giovane”, sempre di Pavia. Di lui ancora ha detto “Era un bravissimo muratore“. Ha proseguito raccontando che Giovanni, oltre ad aver perso il lavoro, insieme alla compagna era decaduto dalla responsabilità genitoriale ad opera di un provvedimento del tribunale.
Così la coppia aveva iniziato a trovare riparo all’interno delle cabine dell’elettricità in disuso od ovunque riuscissero a trovare un luogo sicuro per trascorrere la notte. In città si potevano vedere i due girovagare con un passeggino e una bambola. “Non è stato facile per nessuno dei due accettare il fatto che gli avessero tolto un figlio”.
Don Franco ha ricordato poi di quanto Giovanni fosse persona cara all’intera comunità. I proprietari delle caffetterie gli offrivano da mangiare. Lo stesso valeva per gli altri esercenti. Ha continuato “Lui ti offriva la sua fraternità, la sua amicizia, il suo sguardo un po’ impaurito”. Ancora, secondo il parroco, il volergli offrire un qualche cosa era diventata una scusa un pò per tutti per poter scambiare due parole “con quell’uomo in grado di toccare il cuore alle persone“.
In merito allo stile di vita ha riferito “Era un accumulatore seriale, riempiva i posti in cui andava con tutto quello che trovava in giro”. Questo probabilmente ha contribuito alla sua morte. La baracca dove aveva trovato riparo era infatti rigurgitante di oggetti che hanno agevolato la combustione della stessa.
Conclude “La cosa che mi ha colpito tantissimo è che adesso che è morto tutti ricordano che passava da loro e quante chiese, quanti amici e quanti fratelli mi hanno chiesto di poter dare un contributo”. “Quando una persona ti tocca il cuore è più credibile di persone che magari parlano di amore tutto il giorno“.
Resta il rammarico delle persone che lo conoscevano “È stato lasciato da solo…nessuno ha fatto nulla per aiutarlo, per offrirgli un’alternativa alla casotta abbandonata“.
Forse poteva essere fatto di più.
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