Nella grande sala che domina piazza Maggiore, durante la 3 giorni di Convention del Partito Democratico, torna in voga il tema del diritto di cittadinanza. Il segretario del PD, Luigi Zingaretti tra gli applausi degli altri big del partito ha dichiarato: “Ci battiamo perché al più presto si rivedano i decreti Salvini, dentro questo governo come scelta di campo. Ci batteremo con i gruppi parlamentari per far approvare lo ius culturae e ius soli, certo che lo faremo”. L’attenzione del segretario dem si sposta poi su altri temi: “Faremo una legge per parità salariale tra donne e uomini, ma per raggiungere l’obiettivo e non per mettere bandierine e avere un’intervista sui giornali. Ci vuole serietà non comizi”.
Raggiunto dai cronisti il capo politico del M5S, Luigi Di Maio, non ha nascosto il fastidio per l’uscita dell’alleato giudicata estemporanea: “Così Zingaretti vuol far cadere il governo”. Quello dei diritti di cittadinanza è una materia infatti molto delicata, anche perché, nelle scorse legislature, ha visto il PD e il Movimento 5 Stelle arroccati su posizioni distanti e contrarie. Ospite in radio a Rtl 102.5, Di Maio ha aggiunto: “Credo di avere il diritto di dire che sono sconcertato, tra l’altro – lo ius soli – non è mai stato discusso nell’accordo di governo”. Oltre alle differenze di vedute sul tema, il leader grillino contesta all’alleato dem anche le tempistiche della proposta che, a suo giudizio, mal si conciliano col momento del Paese: “Si parla di Ius soli mentre c’è il maltempo che flagella l’Italia e il futuro di undicimila lavoratori a Taranto, sono sconcertato”. La reazione del leader 5 stelle ha però trovato la caustica risposta del PD, nelle parole di Andrea Orlando: “A molti esponenti dei 5 Stelle sembrerà impossibile. Ma noi riusciamo a pensare anche due cose nello stessa giornata”.
Una situazione di stallo quella degli alleati di governo che peggiora nelle settimane. Se finora il principale antagonista del M5S nel governo era l’ex premier Matteo Renzi, alla luce del disastroso esito delle elezioni regionali in Umbria, anche l’alleanza col PD viene messa in discussione. Italia Viva nel frattempo è bersaglio anche del fuoco amico del PD, almeno da quello che si percepisce dalle parole di Zingaretti “Chi tra gli alleati ci attacca per proprio tornaconto scava la fossa per se stesso e per tutto il centrosinistra italiano perché il PD sarà sempre il pilastro di ogni risposta alla destra risorgente, autoritaria e xenofoba”.
Che cos’è lo ius soli, lo ius culturae, lo ius sanguinis e come funziona nel Mondo
Negli anni immediatamente successivi all’unificazione nazionale, l’allora presidente del Consiglio Massimo d’Azeglio disse: “S’è fatta l’Italia, ma non si fanno gli italiani”. Il processo fu più difficile di quanto previsto se quasi cent’anni dopo Indro Montanelli in una riflessione riportò che “fare gl’Italiani doveva rivelarsi impresa molto più difficile che fare l’Italia. Tant’è vero che vi siamo ancora impegnati”. Ma nel mondo odierno come si diventa italiani?
Ad oggi, in Italia e in tutta l’Unione Europea la cittadinanza si acquisisce principalmente attraverso il diritto di sangue, il cosiddetto ius sanguinis (diritto del sangue, l’espressione giuridica che indica l’acquisizione della cittadinanza in quanto figli di un genitore in possesso della stessa cittadinanza), ovvero la cittadinanza al momento della nascita si acquisisce solo ed esclusivamente se si è figli di madre o padre cittadini italiani. In Italia, inoltre, lo ius sanguinis è temperato ovvero la cittadinanza è diritto per chi è nato in Italia da genitori stranieri e risiede ininterrottamente fino a 18 anni. Al compimento del diciottesimo anno di età si può diventare cittadino italiano. Inoltre, la cittadinanza acquisita dai genitori si trasferisce automaticamente ai figli minorenni che, in Italia, sono sempre tutelati a prescindere dal loro luogo di nascita.
Nel mondo però esiste un altro modo per acquisire la cittadinanza al momento della nascita, ed è il cosiddetto ius soli (diritto del suolo), cioè la possibilità di acquisire la cittadinanza come conseguenza del fatto giuridico di essere nati sul territorio di un certo Paese, indipendentemente dalla cittadinanza dei genitori. Lo ius culturae, invece, a differenze dello ius soli, prevede che l’acquisto della cittadinanza si configuri come un diritto sottoposto a una condizione sospensiva, consistente nel compimento di un corso di istruzione che certifica l’avvenuta acquisizione delle conoscenze culturali e della formazione civica necessarie per una piena integrazione nella paese ospitante. Nelle prime proposte degli scorsi anni si prevedeva che potessero chiedere la cittadinanza italiana i minori stranieri nati in Italia o arrivati entro i 12 anni e che avevano frequentato le scuole italiane.
In quasi tutti i paesi del continente americano lo ius soli si applica in modo automatico e senza condizioni. Tra questi gli Stati Uniti, il Canada e quasi tutta l’America latina. Alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Irlanda e Regno Unito) concedono la cittadinanza tramite ius soli, sebbene condizionata. In Germania lo ius soli è temperato da paletti sostanzialmente rigidi. Il diritto di base che viene seguito per l’attribuzione della cittadinanza rimane quello di sangue, ma possono diventare cittadini tedeschi tutti quei bambini nati da genitori extracomunitari, purché almeno uno dei due genitori abbia in mano un permesso di soggiorno permanente da tre anni e viva in Germania da almeno otto. In Olanda, Francia, Belgio, Portogallo e Spagna, come in l’Italia, si applica sostanzialmente uno ius sanguinis con alcuni correttivi e lo ius soli è debole. Nel mondo quindi, lo ius soli esiste da sempre, ma si tratta di Paesi con una fortissima immigrazione ma, al contempo, con un territorio in grado di ospitare una popolazione maggiore di quella residente. Condizioni che in Europa non esistono.
Le posizioni dei partiti italiani
Il dibattito sullo “ius soli” fu al centro delle scorse legislature. Nei passati governi di centrosinistra il progetto di estendere l’acquisizione della cittadinanza allo strumento dello ius soli, temperato da alcune condizioni, venne portato avanti dai parlamentari dem senza troppa convinzione per calcolo politico. Il M5S, oggi contrario, presentò nel 2013 una proposta di legge per introdurre una versione dello “ius soli” ancora più avanzata di quella che oggi osteggia. In quell’occasione la proposta di legge fu firmata da tutti i principali dirigenti del Movimento 5 Stelle, tra cui Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. Con il passare del tempo però la sensibilità sul tema, in casa 5 stelle, si è attenuata delegando l’introduzione dello ius soli ad un orientamento comune a livello europeo, seppure le questioni sulla cittadinanza non appartengano per competenza alle istituzioni europee e sono invece potestà esclusiva dei singoli stati.
Il tema ius soli occupò le prime pagine dei giornali anche nel successivo governo “gialloverde”, quando nella primavera dello scorso anno la vicenda di Rami, il ragazzino eroe del pullman dirottato dall’autista Ousseynou Sy a San Donato Milanese, portò la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica a chiedere a gran voce la cittadinanza italiana per i figli degli immigrati che frequentavano regolarmente il ciclo di studi in Italia (ius culturae).
Nel tempo, Lega e Fratelli d’Italia si sono sempre dichiarati contrari perfino allo “ius culturae”. La reazione di Matteo Salvini al tema è stata particolarmente eloquente «La Lega si batterà contro lo Ius soli comunque lo chiamino, contro la cittadinanza facile, senza se e senza ma. Se questa è la priorità del governo, povera Italia.». Tra i favorevoli alle iniziative di allargamento della cittadinanza si registrano invece parte del PD, LeU e +Europa oltre ad Italia Viva che per voce del suo leader, Matteo Renzi conferma l’appoggio «se ci sono i numeri, e se Di Maio ci sta».
Il destino dello ius soli, o dello ius culturae, resta quindi legato alla decisione del M5S che registra negli ultimi tempi anche importanti prese di posizione come quella del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che ha detto di essere «completamente favorevole» o quella del presidente della commissione Affari costituzionali Giuseppe Brescia, entrambi esponenti dell’ala più a sinistra del M5S, vicina a Roberto Fico. La sensazione è che alla fine il compromesso si potrebbe raggiungere, non in tempi brevi, con l’introduzione dello “ius culturae”. Nel 2020 sarà quindi la cultura a fare un italiano. Un paradosso, se vogliamo, nel Paese penultimo in Europa per numero di laureati, con un tasso record di analfabetismo funzionale e dove a sostenere il peso della cultura ormai è rimasto solo l’eroismo silenzioso delle mensole.