C’è tanto clamore intorno a Peeple, l’applicazione che consente di poter recensire ed esprimere giudizi su una persona nello stesso modo in cui si possa fare ad esempio con un hotel oppure con un ristorante o qualsiasi altra attività commerciale pubblica. Il funzionamento è lo stesso e richiede anche di “esporsi” accreditandosi con il proprio profilo di Facebook ufficiale. Rispetto alla versione preliminare spariscono le stelline – che in effetti non erano così eleganti – lasciando solo spazio per uno spazio dove indicare ciò che si reputa positivo, negativo o neutro. In realtà non è niente di così trascendentale e viene solo data un’opportunità più “esplicita” a qualcosa che già esiste.
Partiamo da una verità assoluta: si potrà anche essere la persona più santa al mondo, ma ci sarà sempre qualcuno pronto a parlare male di te, anche perché non è possibile essere amati oggettivamente da tutti. Seconda considerazione: c’è una grande fetta di umanità che “parla male” come diversivo, come antidoto contro la noia, come argomento comune o semplicemente come passione. Aggiungiamo anche una terza considerazione: tutto quel che viene offerto da Peeple non è nuovo e, anzi, è come se mettesse semplicemente in uno spazio dedicato qualcosa che già si può trovare altrove. Dove? Sui social network, ad esempio. Il suo merito è quello di farlo in modo più ordinato e soprattutto responsabile (forse).
Peeple è sostanzialmente un’applicazione per ora dedicata a iPhone e iPad e utilizzabile solo in Nord America che consente di esprimere giudizi su una persona sotto forma di recensione un po’ come su Booking o Tripadvisor si valutano hotel e ristoranti. Le creatrici sono le canadesi Julia Cordray e Nicole McCullough e hanno prodotto questo servizio dopo un lavoro lungo due d’anni. Rispetto alla versione semi-definitiva scompare la valutazione a stelline lasciando unicamente spazio a un parere positivo, negativo o neutro, con tanto di possibilità di pubblicare un giudizio. Tutto gira intorno alla reputazione online.
Normalmente, si possono trovare funzioni simili – anche se non completamente dedicate – su LinkedIn in ambito lavorativo, nei commenti a personaggi pubblici (o meno) sui social come Facebook e Twitter o ancora su YouTube o Instagram sotto video e foto. La rete è basata sull’espressione di commenti, spesso anche non così piacevoli dato che ci si può nascondere dietro la barriera dell’anonimato e/o del monitor. La “bontà” di Peeple è quella di dare un volto e un nome al recensore, richiedere la maggiore età americana (21 anni) e un numero di telefono. Precauzioni che però non tolgono del tutto dubbi sull’effettiva protezione e sicurezza. Non resta che attendere le prime attività degne di nota.
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